Calano i ricorsi al Tar Valle d'Aosta. Il presidente Migliozzi: costi troppo alti

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Inaugurazione Anno Giudiziario TAR

AOSTA. Continua il trend in diminuzione dei ricorsi presentati al Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d'Aosta. Per il presidente Andrea Migliozzi questo andamento è «a dir poco preoccupante».

In occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario amministrativo ad Aosta, il presidente del Tar ha illustrato un bilancio dell'attività del 2018. I nuovi casi arrivati all'attenzione del Tribunale sono 51 contro i 57 dell'anno precedente ed i 67 del 2016. A prima vista sembrerebbe un segnale positivo indice di scarsa litigiosità dei valdostani, invece secondo il presidente del Tar valdostano la motivazione di questo calo è «direttamente collegata agli esosi costi della giustizia imputabili per la gran parte al contributo unificato». Far causa è diventato «un "lusso" che il privato cittadino non si può permettere» e questo «incide negativamente nella decisione di attivare l'iniziativa giudiziaria nel senso di scoraggiare la domanda di tutela». Secondo il presidente «un qualche correttivo dal parte del legislatore sarebbe auspicabile se non si vuole arrivare (ma forse lo siamo già) ad una situazione in cui sullo sfondo di una persistente esigenza di fare cassa viene pressoché conculcato il diritto di difesa garantito in maniera sacra e inviolabile dall'art. 24 della Costituzione».

Tra le sentenze e le decisioni prese dal Tar lo scorso anno, il presidente ha ricordato una sentenza sulla legittimità di un'interdittiva antimafia, la decisione relativa al contenzioso sulle nuove norme della Ztl del Comune di Aosta, la decisione su 481 forme di Fontina per cui l'Usl aveva vietato la vendita, la sentenza sull'assistenza scolastica e sanitaria in favore dei disabili e la decisione sull'assistenza ad un bambino di sette anni affetto da gravi disabilità.

Nel corso del suo intervento Migliozzi, da tre anni alla guida del Tar valdostano, ha anche voluto proporre una riflessione sul rapporto con i cittadini. «Chi ha l'onore e l'onere di rappresentare un ufficio o un organismo pubblico, deve porsi il quesito del se ed in quale misura l'istituzione contribuisca a risolvere i problemi» e «come, in concreto, la popolazione veda o comunque percepisca il ruolo svolto dall'ufficio». L'auspicio espresso è di «vedere accorciate le distanze tra il servizio di giustizia erogato e quello percepito».

 

 

 

Marco Camilli