Pet Therapy: come curo la mia depressione grazie a un cane

 caneNei casi di malattie mentali è fondamentale agire contemporaneamente su due fronti: quello della psicoterapia e quello della psichiatria. In sostanza, chi è affetto da malattie mentali ha bisogno di essere seguito sia da uno psicoterapeuta che da uno psichiatra.

Non servirebbe a nulla effettuare delle sedute di psicoterapia senza l'utilizzo di farmaci mirati a contenere la malattia mentale, così come non avrebbe alcun senso assumere degli psicofarmaci senza la possibilità di confrontarsi con un terapeuta.

A partire da questi due elementi, è stata una grande sorpresa – per me – scoprire che esiste un terzo tipo di terapia… forse quello più importante di tutte. La Pet Therapy.

L’impiego degli animali a scopo terapeutico ha radici molto antiche. Un animale da compagnia, oltre a garantire la sostituzione di affetti mancanti o carenti, favorisce i contatti interpersonali. La vicinanza con un animale da compagnia, infatti, è stata associata con il rilascio di neurotrasmettitori capaci di facilitare i rapporti sociali: l’ossitocina.

La relazione con un animale rappresenta un vero e proprio supporto per individui con problemi di comportamento sociale e di comunicazione con gli altri.

Il termine Pet Therapy è stato sostituito, negli anni, con quello più appropriato di Interventi Assistiti con gli Animali (IAA). Si tratta di un’espressione generale per indicare diversi tipi di interventi: a valenza terapeutica, riabilitativa, educativa, didattica e ricreativa. Sono tutti interventi che prevedono il coinvolgimento di animali domestici. Questi interventi, inoltre, sono rivolti prevalentemente a persone affette da disturbi della sfera mentale e psichica, ma possono essere indirizzati anche ai cosiddetti “sani”.

Personalmente, per quanto sia fermamente convinta che ognuno di noi abbia bisogno della psicoterapia per affrontare meglio la vita, durante l’estate appena trascorsa ho riconosciuto la valenza di una relazione con un cane.

L’ANIMAle in questione si chiama Laika, è un pastore tedesco (non puro) ed è portatrice sana di 40 kg di morbidezza… e tenerezza (come potete vedere voi stessi dalla sua foto). A causa di uno spiacevole episodio avvenuto proprio la scorsa estate, Laika ha avuto bisogno di essere (ri)abituata al contatto con gli altri: umani o animali che fossero.

Compatibilmente con il mio lavoro e con altre incombenze, mi sono offerta io di far abituare Laika a un nuovo tipo di vita. Potrà sembrare una banalità o un’ovvietà ma, mentre io ero convinta di aiutare lei, era (ed è) lei ad aiutare me.

Oltre a riempire le mie giornate, quando sono libera dal lavoro e da altre cose da fare, Laika mi consente di camminare, allenando le gambe; di allenare anche le braccia, perché 40 kg non sono pochi da “gestire”; di relazionarmi con altre persone che – al suo passaggio – o si spaventano per via della sua stazza o s’inteneriscono perché – a dispetto della stazza – ne riconoscono la bontà solo guardandola negli occhi.

Laika è stata ed è con me quando sono io ad avere bisogno di lei: mi è accanto nel riso e nel pianto, mi sta vicina quando lavoro al computer, si siede sullo stesso divano su cui io leggo un libro e, mentre dorme, mi stringe a sé con le zampe.

Per una che non è stata l’umana di un ANIMAle da bambina, posso affermare con assoluta convinzione che l’essere diventata l’umana di un ANIMAle da adulta mi ha aperto orizzonti di cui non avrei mai neanche immaginato l’esistenza.

Per quanto mi riguarda, dunque – al di là delle terapie psicologiche e psichiatriche a cui mi sottopongo – devo ammettere che la “mia” Pet Therapy ha prodotto e sta ancora producendo i suoi frutti.

 

 

Barbara Giangravè
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Grazie a Linda Tranchina, la madre umana di Laika

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