Ogni tribunale dovrà avere una sezione per la famiglia e per i minori, con personale altamente specializzato sulle problematiche inerenti i minori, il loro affido, le separazioni ed i divorzi in vista della chiusura dei Tribunali per i Minori, giunti ormai al capolinea per la loro consolidata inefficienza nel tutelare, veramente, il bene superiore dei minori.
I magistrati che verranno destinati a questa importante, meglio vitale, sezione della giustizia italiana dovranno avere competenza, essere trasparenti, imparziali e conoscere le dinamiche psico-sociali dei minori e dei genitori per contenere la diffusa conflittualità originata dalla eccessiva discrezionalità dei giudici, spesso influenzati da relazioni, superficiali e talvolta improvvisate, dei servizi sociali, notoriamente schierati con il genitore prevalentemente collocatario.
Occorre cambiare radicalmente la gestione degli affidi dei minori, ridimensionando l’uso eccessivo e, talvolta, addirittura, persecutorio verso il padre, quasi sempre immotivato, dell’affido esclusivo, del ricorso alle residenze protette, dell’affido extrafamiliare, tenendo conto che certe denunce per maltrattamenti in famiglia sono suggerite da associazioni consigliate dagli stessi servizi sociali, in cui operano persone senza scrupoli ed inebriate dal principio che l’uomo è sempre violento e incapace a crescere i figli. I fatti, invece, ci dicono il contrario e il ricorso sbrigativo al Codice rosso, preceduto da denunce che, in quasi tutta Italia, hanno troppi caratteri comuni anche nella formulazione e, soprattutto, mancano del dovuto riscontro probatorio, è azionato per tutelare la madre, ma non i figli, frequentemente privati del loro diritto alla bigenitorialità, estromettendo il padre dal loro mondo affettivo e culturale.
Il Codice rosso finisce per attivare un meccanismo perverso che, se non esistono i maltrattamenti in famiglia, danneggia i minori, incapaci ad orientarsi, e il padre, il cui diritto di difesa viene visto come una azione inutile, non essendo le sue ragioni minimamente analizzate, poiché ritenute inattendibili ancor prima della formulazione. E’ un grosso guaio che tutti i cittadini devono contrastare per ridare credibilità alla giustizia e al servizio sociale, che vuole imporre – e, quasi sempre, ci riesce – il sopruso, l’arroganza e la diffusa incompetenza come regola per l’affido dei minori, incuranti che i suicidi dei padri disperati siano in continuo aumento. La Valle d’Aosta ha anche questo preoccupante primato.
La giustizia non può essere ingiusta per la mancanza di una vera professionalità di quei magistrati che, non pagando di persona i danni psicologici ed economici provocati ai minori e ai loro genitori con i provvedimenti persecutori verso solo un genitore, continuano a gestire la giustizia dell’affido e delle separazioni con molta leggerezza e senza specifica preparazione professionale, senza dare risposte hic et nunc ai singoli casi (ognuno sempre diverso dall’altro), facendo ricorso a protocolli standardizzati sulla gestione dei minori, che, spesso, sono contraddittori e contra legem. Da qui l’urgenza di una seria selezione dei giudici destinati al settore famiglia, in base alla loro preparazione scientifica e alla loro competenza professionale.
Le rimostranze dei genitori, vessati da siffatti provvedimenti, non possono essere ignorate soprattutto in tribunali piccoli che non avrebbero più nemmeno la ragione di esistere. Decidere su una lite di strada o sul furto di una mela non è la stessa cosa di designare e condizionare il futuro di un minore con decisioni lesive dei suoi diritti e dei diritti del padre. Occorre che ogni cittadino possa contare su una legge uguale per tutti, ma non al servizio del potere di genere.
I padri che si suicidano per disperazione sono, purtroppo, una realtà imputabile ad una giustizia ingiusta e ad un servizio sociale che, con superbia, gestisce l’affido e le separazioni con orgogliosa incompetenza, come chiaramente affermano i professionisti che si occupano di minori e del disagio sociale e le poche fonti giornalistiche che, di tanto in tanto, parlano dei disastri provocati da istituzioni che, invece di difendere i minori e i cittadini più deboli, ne diventano i loro carnefici.
Il servizio sociale non può essere utilizzato dai tribunali per non assolvere a competenze che sono specifiche del magistrato, come quella del giudicare, in base alla legge, ma non secondo protocolli, avulsi dalla realtà e formulati per risparmiare lavoro ai magistrati e garantire saporite parcelle ai legali, campioni nell’evasione legale, come tutti sanno, eccetto chi dovrebbe controllare.
Per far funzionare gli affidi, garantendo la bigenitorialità ai minori e la cogenitorialità (decisioni prese concordatamente) ai genitori, occorre, però, la volontà di operare secondo giustizia, la competenza professionale degli operatori (magistrati e servizi sociali), contenere il dannoso strapotere dei servizi sociali, il cui compito è solo quello di informare (o, meglio, “relazionare” come scrivono i magistrati nei provvedimenti ed i servizi incaricati nelle loro relazioni) il giudice, ma non predisporre, per lui, i provvedimenti da adottare.
Per fare tutto ciò, però, occorre una diversa cultura della separazione dei genitori, dell’affido e l’abbandono del facile e ricattatorio affido esclusivo, quando non vi sono i reali presupposti. Ambedue i genitori sono obbligati a mantenere i figli e seguire la loro formazione e crescita: di conseguenza, perché non si prevede, nei provvedimenti di affido, il dovere dell’assegno di mantenimento per i figli anche da parte del genitore collocatario?
Il disagio dei minori e dei genitori non più conviventi si combatte con la giustizia giusta ed uguale per tutti i cittadini. I politici occupano uno scanno pubblico, sempre ben retribuito, anche per garantire la giustizia giusta, indispensabile per il futuro della società, e per far sì che l’ingiustizia, la discriminazione di sesso e il matriarcato non siano più le ragioni di un pernicioso malessere sociale giovanile, ma non solo.
Intanto, mettiamo a decidere sui minori e sui genitori non più conviventi persone competenti e rispettose delle pari opportunità genitoriali e, per farlo, basta solo che il presidente del tribunale lo voglia fare veramente. Ma sarà così? Se fosse così, allora spetta ai genitori pretenderlo, ricorrendo anche al CSM e costringendo i politici ad occuparsi dei diritti negati alla maggioranza dei cittadini. Altrimenti la protesta dovrà scendere in piazza.
Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
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