Le motivazioni con cui la Corte ha annullato la confisca di alcune proprietà del ristoratore coinvolto nel processo Geenna sulla 'ndrangheta in Valle d'Aosta
Secondo la Corte di Cassazione "l'acquisizione dei beni confiscati" ad Antonio Raso, coinvolto nell'inchiesta Geenna, "non risulta correlata cronologicamente al giudizio di pericolosità sociale qualificata formulato" dalla Corte di appello di Torino nei confronti del ristoratore aostano. Bisogna "verificare se tale condizione soggettiva, che si faceva risalire al 2009, si era manifestata al momento dell'acquisto dei beni confiscati". È quanto si legge nella sentenza con le motivazioni dell'annullamento della confisca dei beni del ristoratore aostano.
Il provvedimento di confisca riguardava anche quote del ristorante "La Rotonda" che però, rileva la Cassazione, erano state acquistate diversi anni prima del 2009 e un appartamento acquistato anni dopo ma che risulta essere stato pagato per oltre la metà da somme "provento della vendita di un immobile comprato da Raso nel 2000 e la parte restante frutto di un mutuo". Per la Cassazione esistono quindi delle "discrasie cronologiche" che farebbero venire meno i presupposti per la confisca dei beni. Inoltre, accogliendo le richieste della difesa, i giudici hanno considerato il valore dei beni di proprietà di Raso e la sua capacità reddituale, valutando che tra i due elementi manca la necessaria sproporzione per ritenere che quei beni siano stati acquisiti grazie a comportamenti illeciti.
Raso è stato scarcerato lo scorso 31 marzo. La Cassazione ha disposto nei suoi confronti, e nei confronti degli altri condannati nel processo Geenna, il rinvio alla Corte di Appello.
Marco Camilli