Riceviamo e pubblichiamo
Mi sono svegliato di soprassalto! Lo squarciante fischio dei motori degli aerei supersonici mi ha interrotto il sonno, in questa notte di grande preoccupazione. Da qualche giorno nel tratto di cielo verso Napoli, i segnali di cupe e sospettose notizie di guerra rompono l’aria anche dalle parti nostre. Tornano i ricordi del secondo conflitto mondiale che mi sono rimasti dentro come qualcosa che non se ne va più, con tutto il turbinio degli eventi che allora ci facevano trovare rifugio sotto un oliveto intorno al vecchio castello, col naso e lo sguardo rivolto in alto, al passaggio dei rumorosi quadrimotori americani che andavano a scaricare il materiale bellico sulla città di Napoli.
Allora, bambino, di una famiglia numerosa. Eravamo in sei, uno dietro l’altro. Con mia sorella, la prima, avevamo compiti assegnati nella fuga verso il rifugio, con la responsabilità organizzata di coperte e degli altri fratelli più piccoli. Rito che si svolgeva tutte le notti. L’allarme delle sirene mi è rimasto in un angolo del cervello che si risveglia al passaggio di aerei militari. Dopo qualche ora di rumore dei quadrimotori, si restava in attesa del ritorno, dopo aver scaricato le bombe della missione. Sull’orizzonte tra Capri e Punta Campanella, si alzava un inferno rosso di fuoco tra bagliori intercalati da fragorose esplosioni.
Al suono di fine allarme i miei genitori: “Ragazzi ritorniamo a casa”. Quello era il periodo della mia età dei giochi che non ho conosciuto e che mi hanno anticipato la fanciullezza, buttandomi direttamente in quella altra età che viene chiamata della maturità dell’uomo. Periodo questo in cui ho sentito e mi tengo stretta la presenza continua di mio padre e mia madre. La loro presenza, con tutte le enormi difficoltà della vita, è stata la guida sicura e forte che non ha consentito a nessuno dei figli di deviare dalla strada rigorosamente tracciata e indicata. Le difficoltà erano il cemento condiviso della responsabilità di entrambi i genitori e di tutti quelli di quell’epoca per ricominciare a costruire il futuro che abbiamo presente. Conflitti e discussioni avvenivano anche in nostra presenza, senza che alcuno di noi intervenisse, restando “accucciati” in un angolo, in attesa che la discussione finisse per fatti ed episodi che riguardavano i nostri comportamenti e la vita di tutta la famiglia. E la discussione finiva, tutto tornava come prima.
Tra pensieri e ricordi mi riaddormento di nuovo, con la serenità del falso allarme. Improvvisamente mi compare davanti una figura con la barba, un uomo di tempi antichi, vestito con abiti lunghi, sporchi e trasandati. Chi è? chiedo. “Sono S. Giuseppe, il padre di Gesù”. Dal portamento sicuro, il Santo si para davanti adirato, con lo sguardo di fuoco, le maniche della camicia riavvolte sulle braccia e i pugni stretti, come per minacciarmi. Subito gli chiedo: “Perché sei adirato con me?”. E lui: “Tu scrivi di problemi di famiglia, di genitori e di figli. E lo fai in tutte le occasioni in cui “la sacra famiglia” è messa in discussione. Sono qui per lasciarti un messaggio che devi divulgare.
Avete distrutto il valore della famiglia, il principio che io ho rispettato senza mai mettere in dubbio. Non ho conosciuto e non voglio conoscere quelle parole che voi chiamate conflitto, separazione e divorzio. Questi termini non esistevano nella mia epoca. Esisteva, allora, la famiglia con tutti i suoi problemi che ne facevano parte integrante, ma mai come condizione per la separazione tra noi. Voi avete confuso tutto, famiglia, società, uomo, donna, genitori, figli e il concetto stesso di famiglia. Il principio di famiglia, che esiste sempre quando vi sono i figli, lo avete convulsamente trasferito in quelli che chiamate conflitti, fino a romperlo e frantumarlo, disperdendo e calpestando i diritti e gli obblighi di quel concetto che esistono sempre, fino a quando i figli non escono dal nucleo, anche separato come voi lo chiamate. Il principio esiste sempre e muore con l’uomo.
Le leggi che avete fatte, sono state stravolte, prese a calci, male interpretate e forzatamente applicate. Psicologi, sociologi, scienziati del diritto, avvocati, Giudici e tutti gli apparati che girano intorno, sono persone che non aiutano la famiglia, perché ognuno di loro affronta il problema della coppia, con l’idea della sua utilità economica, finanziaria e professionale. Ognuno di loro dice la sua verità, che non è quella dei figli. I figli vengono considerati un peso da depositare, ora da una parte, ora da un’altra, con accordi e protocolli confusi e confusionari, fatti apposta per dividere. Occasione intorno a cui gira una convulsa speculazione di giudizi, pareri e di principi, in un mercato condiviso solo da chi fa affari. Chi ha avuto affidati i figli, li strumentalizza a suo piacimento soltanto per un ritorno in termini economici. Insomma, ciò che fate è una commedia dai contorni spesso tragici.
Il 19 marzo ricorre il mio onomastico e, con il clamore della memoria, vi affannate a dargli ampio e grande rilievo, in tutte le manifestazioni, nella scuola e nella società, con i colori della primavera, con canti, suoni, dolci e pasticcini. Una grande festa, anche se mancano molti papà. Alcuni perché lontani per lavoro, altri perché non ci sono più per le avversità della vita, altri ancora - e questi mi interessano - perché separati o divorziati. Cosa diranno a questi bambini, la scuola, la società, le assistenti sociali, i giudici, gli avvocati e tutti coloro che strizzano il cervello per studiare e capire? … Assolutamente nulla!
Tutti questi attori, nel giorno di S. Giuseppe, scompariranno in qualche rifugio festoso, tra i fumi di bevute alcoliche, alla faccia di tanti bambini che vengono presi in giro con false raccomandazioni; Notizie, informazioni e disegnini sulla assenza del padre … mentre il padre c’è e ricordalo a tutti questi signori che lui è nella mente e nel sangue del figlio”
Mi sveglio e mi fermo a pensare in silenzio. S. Giuseppe ha ragione. Dovremmo tutti vergognarci, in primis gli autori delle istituzioni.
I figli non si prendono in giro! E' una vergogna pubblica... lasciamo stare S. Giuseppe.
Avv. Gerardo Spira