Riceviamo e pubblichiamo
Mio padre era malato "irreversibile". Un accesso al pronto soccorso di Aosta ogni dieci giorni, otto ore di media di attesa, per sentirsi dire se sarebbe morto entro il giorno successivo oppure no, per uscire con "disposizioni" atte a farlo sopravvivere ancora, ma senza indicargli un termine.
Ogni 10 giorni, 8 ore di attesa, per una persona sfinita, debole, disperata. Ma non era un tumore, quindi non c'era l'Hospital o strutture dedicate. E non era vecchissimo, quindi non era "prevista" assistenza. Troppo giovane. E non era ferito, quindi niente ricovero a lungo termine al Parini. Eccetera eccetera.
Meno male che aveva una moglie, lì con lui. Sfinita, sola, ma determinata. Meno male che non c'era il Covid. Ma, Cristo Santo, un'ombra di volontario nella sala d'aspetto del P.S, un'ombra di psicologo al Triage oppure un'ombra di volontario nei corridoi del pronto soccorso dove chiunque si sente dimenticato, parcheggiato in attesa di una Tac si una visita o di altro. Il nulla.
Poveri infermieri e poveri dottorini.
Malati.
Soli.
Ma almeno un prete non può passare di lì?
lettera firmata