Riceviamo e pubblichiamo
Sappiamo tutti che nell’Union Valdotaine, sia fra i rappresentanti istituzionali, sia fra i semplici aderenti, non c’è mai stata molta propensione per i temi ambientali, né molta simpatia nei confronti degli ambientalisti, in qualsiasi forma si presentino: partiti, movimenti, associazioni, semplici cittadini interessati alle tematiche ambientali.
Eppure c’è stato un momento, nel 1989/90 in cui l’U.V., che in quel momento non era al governo, ha partecipato ad una raccolta firme e all’organizzazione di un referendum, per respingere la proposta di svolgere i Giochi Olimpici invernali in Valle d’Aosta.
All’epoca la sensibilità ambientale era ai primordi e nel sentimento comune tutte le infrastrutture, a partire dalle piste da sci e dalle funivie, erano le benvenute. Rappresentavano lo sport, il turismo, il lavoro, il benessere: lo sviluppo verso cui tutti tendevamo. Il circo mediatico era agli esordi.
Gli Unionisti, insieme a tanti altri Valdostani, hanno fatto allora una scelta contro corrente. Hanno deciso di impegnarsi, riunirsi, produrre materiali divulgativi per invitare i propri concittadini a respingere quel tipo di sviluppo. Non erano motivazioni di tipo ambientale quelle che li spingevano, ma bensì motivi ideali dettati dall’attaccamento al territorio e alla cultura ancestrale, motivazioni che prescindevano dalle sigle politiche.
Ricordo che all’epoca io, già allora ambientalista, mi ritrovai a distribuire i volantini anti-Giochi Olimpici alla Fiera di St. Orso, in piena sintonia ed amicizia, con persone come Adriana Vierin o Ennio Pastoret.
L’ideale che ci accomunava tutti era, in modo profondo e non sempre esplicito, la volontà di realizzare il principio del “maitres che nous”, rifiutando una colonizzazione culturale ed economica che veniva da fuori.
Vogliamo chiamarlo orgoglio montanaro o spirito autonomista?
Oggi tutto è cambiato e quella fede nello sviluppo senza fine è sempre più messo in discussione dai fatti e dalla evoluzione della natura e delle scienze.
Eppure il modello culturale sotteso ai Giochi Olimpici è diventato imperante, almeno in Valle. Lo ritroviamo oggi negli eventi legati alla Coppa del mondo dello sci alpino a Cervinia-Zermatt, così come nella volontà di promuovere le infrastrutture sportive o di richiamo turistico nei luoghi estremi, (come la funivia Cervinia - Zermatt, come il progetto di funivia nel vallone delle Cime Bianche, come le nuove piste con ristorante a stella a monte di Pila, …).
Quindi quel modello sembra essere diventato il “modello valdostano”: sfruttare i luoghi più “sacri”, distruggere le risorse naturali più preziose della valle per attirare pochi turisti privilegiati. Già da tempo abbiamo aperto le porte al carrozzone mediatico, che spinge in questa direzione e cerca di convincerci tutti a partecipare all’abbuffata, prima che i cambiamenti climatici ci lascino a mani nude.
Il modello economico che ci viene ora proposto favorisce l’economia dello sci, delle funivie, delle infrastrutture in alta quota, portando sviluppo e soldi ai maestri di sci, alle società degli impianti e all’industria turistica di quei luoghi, a scapito di altri luoghi e di altri operatori turistici, di altri tipi di turismo e di altre attività. L’economia e le disponibilità economiche vengono messe al servizio delle lobby, dei gruppi pseudo valdostani, quelli che si appoggiano ad alcuni valdostani illustri ma poi i soldi restano nelle mani dei privati.
Chiedo a lei, sig.ra Machet, che dovrebbe conoscere e interpretare tutte le pulsioni unioniste in campo: “che cosa pensa l’U.V. di oggi di questi temi? si confrontano tra loro i vari “réunionisti” sul futuro della Valle d’Aosta? , che cosa intendono mettere nel loro programma? sarà un elenco di opere che accontentano un po’ gli uni e un po’ gli altri o sarete capaci di immaginare il futuro della VdA e quale VdA volete lasciare ai nostri e vostri figli? Avete messo in conto che le risorse bruciate ora non le ritroveremo più?
Vi aspettiamo al varco per vedere fino a che punto l’orgoglio unionista, la volontà di autonomia, la capacità di gestire il territorio in modo lungimirante, animano ancora questo movimento.
Rosetta Bertolin