Lo scorso mese di maggio ci occupammo della relazione tra le carceri italiane e la salute mentale. Questo mi ha fatto tornare alla mente uno dei più bei film italiani – datato 2016 – che tratta proprio il tema della salute mentale legata a una misura restrittiva cui viene sottoposta una delle protagoniste della pellicola: “La pazza gioia”.
Dopo che lei e l’altra protagonista del lungometraggio scappano dalla struttura che le ospita, uno degli operatori solleva il problema che la prima possa essere trasferita in un Opg: Ospedale Psichiatrico Giudiziario.
Per comprendere meglio di cosa si tratta, dobbiamo fare un passo indietro lungo quasi 150 anni.
In Italia, i manicomi criminali nacquero nella seconda metà dell’Ottocento. Erano strutture che avevano l’ambizione di porsi tra il carcere e gli istituti per malati di mente, mediante una limitazione dell’approccio punitivo e la predisposizione di percorsi terapeutici volti a favorire la riabilitazione alla vita sociale.
Nel 1975, però, con la legge numero 354, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari soppiantarono definitivamente i manicomi criminali. Gli Opg avrebbero dovuto rappresentare una vera riabilitazione per il paziente. Eppure, anche in quel caso, le ambizioni di queste altre strutture fallirono.
La legge 81 del 2014 indicò il 31 marzo 2015 come data ufficiale del superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, in vista della loro sostituzione con le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza. L’obiettivo delle Rems è di porsi in un rapporto di discontinuità con il passato, garantendo all’ospite una permanenza quanto più costruttiva possibile, limitata nel tempo, lontana dall’impronta repressiva del passato e orientata alla riacquisizione della propria dimensione di cittadino libero.
Esistono circa una trentina di Rems in Italia. Queste strutture sono distribuite in diverse regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino-Alto Adige e Veneto.
Nonostante le Rems siano state concepite per fornire un ambiente terapeutico e riabilitativo, sono state oggetto di molte critiche e polemiche. Spesso, i pazienti vengono costretti a vivere in condizioni di isolamento, senza possibilità di socializzare con gli altri detenuti e con il mondo esterno. Inoltre, molte strutture sono state messe all’indice per il sovraffollamento e lo scarso controllo sanitario. Da molti è stato segnalato che il numero di queste residenze è insufficiente rispetto alla domanda e che vi è carenza di personale all’interno delle strutture.
Se, a tutto questo, aggiungete anche un altro degli argomenti che abbiamo trattato in questa rubrica, come il surriscaldamento globale e gli effetti nefasti sulla salute mentale, capirete perché sia assolutamente necessario occuparsi delle Rems tanto quanto delle carceri italiane.
Vivere in tanti in ambienti che hanno una minore capacità di contenimento delle persone realmente detenute, in condizioni igieniche precarie e con una sempre più elevata temperatura al loro interno, non può che risultare una bomba a orologeria pronta per esplodere.
Se è così anche al di fuori di luoghi del genere, figuratevi come può essere in… cattività. Come noi, spesso, costringiamo a vivere gli ANIMALI. Chiudo con la citazione di una psicoterapeuta nella quale credo fortemente: "In un mondo malato, i sani vanno dallo psicologo".
Barbara Giangravè
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