Giornata della memoria: quando, nei lager, venivano deportati anche i "pazzi"

 

Giornata della memoria: quando, nei lager, venivano deportati anche i "pazzi"

Due giorni fa, in occasione della “Giornata della memoria” per commemorare tutte le vittime dell’Olocausto, è andato in scena a teatro lo spettacolo “Elena la Matta”, interpretata sulle tavole del palcoscenico dall’attrice Paola Minaccioni.

In un misto tra documento storico, emozione e ironia, Paola Minaccioni ha vestito i panni di un’antieroina del Novecento: Elena Di Porto, la “matta” del ghetto ebraico di Roma.

Il 16 ottobre del 1943, i soldati tedeschi rastrellarono il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre 1000 ebrei. Fra questi c'era una donna, Elena Di Porto, che fino alla sera prima aveva tentato invano di avvertire gli abitanti del ghetto di quanto stava per accedere. Nessuno le aveva dato ascolto, però, perché Elena era la “pazza” del quartiere ebraico: “La Matta di piazza Giudìa”.

Paola Minaccioni presta il suo corpo e la sua voce alla figura di Elena Di Porto, in un monologo scritto da Elisabetta Fiorito, con la regia di Giancarlo Nicoletti e le musiche di Valerio Guaraldi. Lo spettacolo è in tour nei teatri di tutta l’Italia.

A 82 anni da quel triste avvenimento, “Elena la Matta” rappresenta un viaggio nell’Italia della Seconda Guerra Mondiale. Elena Di Porto era una donna dal carattere particolare: dichiarata pazza dal regime fascista, in realtà non lo era affatto. Nata nel 1912 da un’umile famiglia ebraica, Elena era una donna singolare ribelle e anticonformista. Separata dal marito, indipendente, antifascista convinta e temeraria, poco disposta ad accettare qualsiasi tipo di sopruso.

Lo spettacolo prende spunto dal libro storico del ricercatore archivista Gaetano Petraglia – “La Matta di piazza Giudìa”, edito dalla Giuntina – che, attraverso documenti inediti e altre testimonianze, ricostruisce la vita di questa donna straordinaria.

Nonostante i reiterati ricoveri nell’Ospedale Psichiatrico della capitale di Santa Maria della Pietà, infatti, Elena non indietreggiò mai di un solo millimetro nella sua resistenza agli orrori della guerra.

Sulla scena, la protagonista racconta gli scatti d'ira che la mettevano nei guai quando non ce la faceva più a subire angherie e, per citare le sue stesse parole, “je partiva er chicchero”.

 

Barbara Giangravè
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