La Costituzione è molto chiara sui doveri, per ambedue i genitori, verso i figli: “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio” (art. 30). Si parla di dovere, ma anche di diritto, che nelle aule dei tribunali viene quasi sempre ignorato, relegandolo alla questione economica per il genitore collocatario/affidatario e al risicato diritto di visita. Non esiste, tra i tribunali e i giudici che si occupano del diritto di famiglia e diritto minorile, nemmeno una concordanza operativa sul rispetto delle capacità dei figli, sulle loro inclinazioni naturali e sulle loro aspirazioni (art. 315bis, c. 1, c.c.), ma anche sulle reali possibilità economiche del genitore non collocatario, unico genitore sempre obbligato a pagare, pena anche pesanti sanzioni (come, per es., il carcere). Alcuni giudici giustificano spese straordinarie insostenibili per il genitore obbligato (leggasi padre, che già paga il mantenimento dei figli), deliberate senza prestare la pur minima attenzione ai diritti del genitore estromesso dalla vita dei figli e ridotto a puro bancomat, cioè viene palesemente ignorato il suo inalienabile diritto a condurre con dignità la propria esistenza.
Il codice, invece, è chiaro: “i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli” (art. 316bis, c. 1, c.c.) ed ancora: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:1) le attuali esigenze del figlio. 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori. 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore. 4) le risorse economiche di entrambi i genitori. 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. (art. 337ter, c. 4). Il legislatore ha previsto che “Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi” (art. 337ter, c. 6).
L'obbligo dell'assistenza morale ed economica dei figli da parte di ambedue i genitori – non solo di uno, come avviene, invece, sovente – è indiscutibile e la discrezionalità del giudice non può ignorare o, ancora più grave, andare contro le scelte e la volontà del legislatore, che, per smascherare e contenere la furbizia del genitore collocatario, ha previsto gli accertamenti della polizia tributaria sui suoi possibili redditi evasi. Neanche in presenza di evidenti segnali che dimostrano che il beneficiario dell'assegno di mantenimento per il figlio, il genitore collocatario, lavori e percepisca redditi non dichiarati nonché dinnanzi ai dubbi, avanzati anche dal genitore obbligato al mantenimento, non viene disposto un approfondimento di indagini, che solo la polizia tributaria e l'ispettorato del lavoro possono fare, dimostrano la superficialità della giustizia minorile. Il giudice si affretta a rigettare la richiesta di approfondimenti (che, spesso, dovrebbero essere fatti d'ufficio, vista la scarsa chiarezza del genitore collocatario), chiesti perché mancano anche le esplicite indicazioni sul datore di lavoro, sulla topologia e sulla durata del lavoro eventualmente effettuato. Certo il genitore obbligato al mantenimento non può permettersi di sostenere le spese per una agenzia investigativa e, così, le indagini d'ufficio, previste dal codice, devono essere predisposte, perché una dichiarazione dei redditi non corrispondente al vero penalizza ulteriormente il genitore obbligato a pagare il mantenimento dei figli. Negli sporadici casi in cui viene richiesta le indagini della polizia tributaria, si limita a riportare i dati già presenti nel computer, che nulla dicono di nuovo e, spesso, sono gli stessi allegati al procedimento.
Tutti sappiamo che l'evasione fiscale per certe professioni femminili è molto elevata, supera il 70% in Valle d'Aosta, ma nessuno cerca di combatterla o, almeno, di contenerla. Stabilire l'assegno di mantenimento dei figli con redditi evanescenti di chi lo percepisce comporta la penalizzazione del non collocatario, unico genitore obbligato a versare l'assegno per i figli, poiché viene alterata (se non, addirittura, falsificata) la proporzionalità dei redditi.
L'individuazione dei redditi di ambedue i genitori, compresi i contributi pubblici e privati nonchè le agevolazioni fiscali per il genitore presso cui si trovano i figli, è il primo passo per una equità tra i genitori nel sostenere il loro mantenimento.
Sia la Costituzione che il codice civile parlano del dovere dei due genitori di mantenere i figli e non si comprende in base a quale principio (quello della proporzionalità dei redditi non regge perché le dichiarazioni, come sappiamo, spesso, non sono veritiere) il mantenimento venga disposto solo per il genitore non affidatario/collocatario e non venga predisposto, in qualche modo, anche per il genitore collocatario. La legge, in merito, è chiara, l'applicazione, invece, non lo è affatto. Il giudice “stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità ... e ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito”.
L'assegno di mantenimento per i figli, pertanto, ha un ruolo di equilibrio quando esistono forti diversità tra i redditi (dichiarati e non dichiarati) dei genitori e, con i redditi chiari e reali, ambedue i genitori devono mantenere i figli, anche economicamente, e, in presenza di un dovuto assegno di mantenimento del genitore non collocatario, l'altro genitore dovrebbe renderne conto dell'utilizzo fatto, perché, altrimenti, diviene solo un pagamento del genitore baby-sitter, spesso anche responsabile di dichiarazioni dei propri redditi non veritiere.
L'assegno di mantenimento, quando realmente necessario, deve essere previsto per ambedue i genitori e le somme devono essere spese rigorosamente per i figli. Il genitore collocatario, come avviene nelle famiglie conviventi, gestisce i figli come fanno i genitori che lavorano e, se non ha una soddisfacente retribuzione mensile, si trova un lavoro per mantenere i figli.
Il problema, per oltre il 50% dei casi, non esisterebbe, se i giudici, in applicazione della Costituzione e del codice civile, predisponessero l'affido condiviso paritario dei figli, prevedessero anche il conseguente mantenimento diretto dei figli da parte di ciascun genitore quando i figli sono con lui.
Assegno di mantenimento sì, ma con dichiarazioni dei redditi del singolo genitore veritieri e mantenimento diretto dei figli, obbligando ciascun genitore a cercarsi un lavoro che gli permetta la propria autonomia economica. Così verrebbe meno quella pericolosa conflittualità che penalizza il genitore onesto ed i tribunali.
L'Assegno di mantenimento, quando veramente necessario, va previsto per ambedue i genitori, in nome delle pari opportunità e pari doveri genitoriali. Per pretenderlo, però, occorre richiederlo negli atti di affido dei figli e un legale che porti avanti la richiesta in tutto il procedimento di affido dei figli. Il problema è sempre lo stesso: occorre pretendere l'applicazione della Costituzione e il rispetto del codice civile.
Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps),
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