«Non ti faccio più vedere tua figlia» la minaccia al padre a Bari, madre indagata per induzione al suicidio

La madre della bambina è stata tanto ossessiva e minacciosa verso il padre della bambina da indurlo, un anno fa, al suicidio. «Se non mi mandi i soldi non vedrai più tua figlia... dirò a tua figlia che sei morto.... ti farò il c… e vedrai tua figlia solo con il consolato o con la polizia ... mi dovrai dare il tuo stipendio e la casa perché non mi hai garantito le condizioni di matrimonio con l'acquisto della casa» questi erano i toni dei messaggi minacciosi e offensivi che la signora inviava all’ex-marito per costringerlo a pagare.

Il giorno di San Giuseppe, festa del papà, a Bari è iniziato il processo per la richiesta della Procura di rinvio a giudizio della moglie e madre della figlia, la quale, rientrata in Italia (ogni volta dopo mesi di permanenza tanto che trascorreva più tempo nel suo paese di origine con la figlia che in Italia), ha continuato a rendere la vita del marito un inferno, lo aveva cacciato di casa, costringendolo ad andare a vivere nuovamente con i propri genitori, minacciandolo, proprio lei, di denunciarlo per maltrattamenti, procurandogli, scrive il p.m., «uno stato di profonda prostrazione psichica e di terrore di non poter più vedere la figlia minore». Il 10 aprile 2024, esausto per i continui maltrattamenti e minacce sul diritto di frequentazione della figlia, il padre si è gettato dal balcone della casa.

Il suicidio - contesta la Procura di Bari - potrebbe essere stato determinato dai maltrattamenti a cui è stato sottoposto dalla moglie e, per questo, è stata chiamata a risponderne davanti al giudice, proprio nel giorno di San Giuseppe padre, festa del papà.

Indipendentemente dall’esito del procedimento, un encomio va a quel p.m. che ha avuto il coraggio di applicare la legge per la tutela dei padri e prevenire i tantissimi suicidi che, spesso, in tutta Italia, ma con punte elevate in Valle d’Aosta (dove istituzioni e politici fanno a gara per tenere nascosto il dramma dei padri separati della piccola regione), ogni anno si tolgono la vita perché non riescono a tollerare le disparità genitoriali e l’arroganza delle tantissime madri, quasi sempre genitore collocatario dei figli, che si sentono forti e vantano il diritto di proprietà sui figli stessi, supportate da associazioni di genere e da ambigui centri antiviolenza. La violenza non ha genere, ma la subiscono sia le donne che tantissimi uomini, ma questo le facinorose adepte - che gestiscono con molta licenziosità l’emarginazione del padre e il suo sfruttamento economico da parte della madre - fanno finta di non sapere e nessuno, nemmeno l’ordine degli avvocati che ben conosce la situazione, indaga sulla correttezza dell’operato di associazioni e centri che amministrano ingenti somme di soldi pubblici senza renderne conto all’erario pubblico e che sono corresponsabili nell’aver reso tantissimi bambini orfani di padre.

Il suicidio non è una pura debolezza di un padre "esaurito", come si vorrebbe far credere, ma è la inevitabile conseguenza di più concause quali l’emarginazione genitoriale, lo sfruttamento economico e l’umiliazione per un padre emarginato dai propri figli dai servizi sociali, che, troppo spesso, sostituiscono i giudici nelle decisioni da prendere, e dai giudici, che acriticamente accettano la pappa scodellata. Non tutti i padri hanno la forza e ricevono il doveroso aiuto per reagire alla giustizia ingiusta, praticata nelle aule dei tribunali, dove, il padre è sempre perdente a prescindere.

La Procura di Bari ha avuto il coraggio di andare a vedere le responsabilità della madre nei suicidi dei padri, non esitando a rinviarla a giudizio se il suicidio è indotto dagli atteggiamenti e dalle minacce della madre. Non dimentichiamo che la maggioranza dei padri vive drammaticamente l’esproprio dei figli da parte di chi dovrebbe, invece, tutelare figli e padre. Brindisi ci ha ricordato che il vero affido condiviso non può prescindere dalla collocazione paritaria dei minori, con l’abolizione delle sovrastrutture derivanti sì dalla mole di lavoro, ma, soprattutto, dalla scarsa professionalità del magistrato, sempre restio a leggere con attenzione quanto viene riportato negli atti del procedimento e sempre meno persona terza sulla materia del contendere. A questo va aggiunta anche una inspiegabile superficialità nella conoscenza del diritto e della giurisprudenza.

Bari, con questa di richiesta di rinvio a giudizio di una madre che disconosce gli inalienabili diritti della figlia e del padre, rendendosi responsabile del suo suicidio, apre una nuova via per rendere sempre più la giustizia giusta.

I maltrattamenti in famiglia, come ci ricorda la Procura di Bari, esistono ed a subirli, troppo spesso, è il padre, quasi sempre ignorato nelle sentenze fotocopia dell’affido dei minori. Facciamo in modo che il coraggio del procuratore di Bari diventi un esempio per tutti i giudici che si invischiano nel diritto minorile e nel diritto di famiglia, con la totale mancanza delle pari opportunità genitoriali, della bigenitorialità e della co-genitorialità. Questi diritti vanno pretesi dal genitore vittima dell’ideologia di genere e i legali che non se la sentono di farlo per sudditanza ai giudici non vanno pagati e immediatamente revocato loro l’incarico.

Ora lo sappiamo. Il suicidio di un padre va affrontato nei tribunali e non tenuto nascosto con la falsa pretesa secondo cui, altrimenti, ci potrebbe essere l’emulazione di altri padri. Il suicidio di un padre ha precise cause che vanno rimosse con tempestività e non parlarne è solo vigliaccheria. I padri suicidi sono tantissimi ogni anno e tutti tacciono sia a livello istituzionale che a livello politico. Perché accade tutto ciò? È gradito un parere del lettore.

 

Ubaldo Valentini, pres. Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
www.genitoriseparati. it - contatti: tl. 347.650 4095 o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

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