Il dott. Franco Brinato parla di modalità di contagio, sintomi, terapie disponibili
Negli ultimi anni, l'abbassamento della guardia da parte delle istituzioni, la carenza di campagne di sensibilizzazione e di comunicazione nelle scuole, come se l'AIDS fosse un ricordo del passato, ha ridotto la percezione del rischio tra le persone e soprattutto tra i ragazzi e le ragazze. Tutto ciò ha determinato un aumento in percentuale di casi di malattie nella fascia di età adolescenziale (15-24 anni), rispetto agli anni passati, nonostante i dati disponibili mostrino che le nuove infezioni siano diminuite del 39% e le morti ridotte di un terzo tra il 2000 e il 2016. In Italia nel 2016 sono stati diagnosticati 3451 nuovi casi di malattia, il 76,9% è rappresentato da uomini, le regioni con l'incidenza più alta sono state: il Lazio, le Marche, la Toscana e la Lombardia.
Che differenza esiste tra AIDS, HIV e sieropositività?
AIDS significa "Sindrome da immunodeficienza acquisita" e l'HIV, (sigla inglese che sta per virus dell'Immunodeficienza Umana) è il virus che provoca la malattia. Quanto si parla di sieropositività s'intende la presenza del virus nel sangue in un soggetto che è portatore di HIV (chiamato sieropositivo) ma che non manifesta l'AIDS cioè la malattia. Tutti i sieropositivi possono trasmettere il virus.
Cos'è l'AIDS?
La sindrome da immunodeficienza acquisita (dall'inglese Aquired Immunodeficiency Sindrome) è una malattia immunitaria causata da un virus. I sintomi sono costituiti da infezioni opportunistiche (cioè da microorganismi che, in soggetti sani con una risposta immunitaria normale, non causano alcuna malattia) e da tumori maligni, favoriti da una compromissione grave della risposta immunitaria. Il responsabile è il Virus HIV. La compromissione del sistema immunitario, tipica della malattia AIDS è dovuta alla distruzione selettiva dei linfociti TCD4+, che rappresentano le cellule bersaglio del virus. La sindrome da immunodeficienza acquisita e i tumori e i sintomi correlati sono la diretta conseguenza dell'infezione virale.
Che cosa è 'l'HIV e cosa provoca nell'organismo?
L'HIV è il virus responsabile dell'AISD, in altre parole la Sindrome da immunodeficienza acquisita. La malattia fu scoperta nel 1981 durante un'insolita epidemia di polmoniti ingiustificabile tra giovani tossicodipendenti e omosessuali, apparentemente sani. Ma solo nel 1983 fu isolato per la prima volta il responsabile del contagio cui fu assegnato il nome HIV. Sono stati identificati due tipi di virus in grado di contagiare l'uomo, HIV 1 e HIV 2, con caratteristiche simili. Si tratta di un virus appartenente alla famiglia dei retrovirus capaci, una volta entrati nella cellula, di trasformare il loro corredo genetico e integrarlo con il DNA della cellula ospite. Il virus una volta penetrato nell'organismo aderisce su recettori presenti sulla superficie delle cellule del sistema immunitario, i linfociti T CD4+, il bersaglio preferenziale dell'HIV. All'interno delle cellule bersaglio, integra il proprio patrimonio genetico con il DNA delle cellule ospite e la obbliga a produrre numerose particelle virali. I nuovi virus sono assemblati e liberati all'esterno dopo aver distrutto il linfocita T. II virus liberi nel sangue, infettano altri linfociti TCD4+. Il sistema immunitario, alla presenza del virus, dopo alcune settimane, reagisce con la formazione di anticorpi specifici che controllano e riducono la replicazione del virus. A questa fase fa seguita un periodo asintomatico che può durare diversi anni, a volte 15-20. Quando i linfociti T, infettati e distrutti, si riducono in maniera considerevole, si creano le condizioni per lo sviluppo del deficit dell'immunità che predispone all'insorgenza dell'AIDS conclamata. Compaiono quindi i sintomi, infezioni sostenute da batteri, virus, oppure alcuni tumori insoliti, la cui origine dipende direttamente dall'inefficienza del sistema immunitario. L'individuo compromesso e privo delle difese immunitariepuò andare incontro a complicanze gravi e a morte.
Come avviene il contagio?
L'HIV è un virus debole che a differenza di altri (epatite B e C) difficilmente resiste nell'ambiente esterno e ai comuni disinfettanti (basta lavarsi le mani per ucciderlo). Il virus è presente in quantità sufficiente in alcuni liquidi biologici (sangue, sperma, secrezioni vaginali) che rappresentano gli unici veicoli di trasmissione. Questa può avvenire attraverso tre vie: trasmissione per via parenterale, sessuale o verticale.
La trasmissione per via parenterale avviene attraverso la trasfusione di sangue o di emoderivati (plasma, piastrine) infette. Grazie all'introduzione di severi controlli e lo sviluppo di tecniche efficienti e sicure sul sangue, il rischio di contrarre l'infezione con le trasfusione è attualmente zero. Rimane alto il rischio d'infezione con l'inoculazione di piccole quantità di sangue contaminato attraverso lo scambio di siringhe tra soggetti tossicodipendenti. Molto bassa, anche se possibile, è la probabilità di contrarre l'infezione con puntura accidentale con aghi o strumenti chirurgici, rasoi, pinze, forbicine per pedicure, contaminate da sangue infetto, perché il virus è poco resistente.
La trasmissione per via sessuale rimane, secondo i dati della letteratura medica, quella a maggior rischio. I rapporti sessuali non protetti dal preservativo sia omosessuali o eterosessuali sono a rischio maggiore. Il virus contenuto nello sperma di maschi sieropositivi e nel liquido vaginale delle donne può conteggiare le cellule della mucosa delle vie genitali o, nel caso di rapporti anali, la mucosa del retto, oppure raggiungere direttamente le cellule bersaglio, i linfociti T, attraverso lesioni delle mucose già resistenti o provocate durante l'atto sessuale. A tale proposito va ricordato che i rapporti anali sono a maggiormente rischio perché la mucosa anale è molto fragile e in tale pratica si possono creare delle ferite/microlesioni che potrebbero aumentare la
possibilità del passaggio del virus. Il coito interrotto non protegge dall'HIV, così come l'uso della pillola anticoncezionale, del diaframma, dell'anello vaginale e della spirale. Le lavande vaginali, dopo un rapporto sessuale, non eliminano la possibilità di contagio.
La trasmissione verticale riguarda le donne sieropositive capaci di trasmettere l'infezione al figlio durante la gravidanza (attraverso il sangue che passa normalmente dalla madre al feto), al momento del parto (mediate secrezioni vaginali e sangue durante il passaggio del nascituro nel canale del parto) o attraverso l'allattamento al seno (il virus è contenuto nel latte materno.)
L'HIV non si trasmette: attraverso lacrime, sudore, saliva; la vita in famiglia o in comunità, le strette di mano, i baci; l'uso in comune di stoviglie asciugamani non sono considerati a rischio per infezioni; l'uso di toilette, piscine; il morso delle zanzare.
Come ci si accorge di avere l'AIDS e quali sono i sintomi?
Nella maggior parte dei casi l'infezione da HIV nella fase iniziale, quando il virus penetra nell'organismo e colonizza i linfonodi, dove si replica per tutta la durata dell'infezione, non dà particolari sintomi e l'infezione rimane semisconosciuta. In altri casi, l'infezione acuta si può manifestare con una sintomatologia aspecifica di tipo influenzale (febbricola, debolezza, mal di gola, dolori muscolari e articolari, gonfiore dei linfonodi del collo e dell'inguine) che dura dalle tre alle sei settimane. Talvolta sono presenti sintomi gastroenterologi, vomito, diarrea e aumento di volume della milza e de fegato. Solo in alcuni casi si possono osservare sintomi più specifici, quali ulcere del cavo orale e dei genitali ed eruzioni cutanee simili a quelle della rosolia. Possono comparire disturbi neurologici con perdita di memoria e disorientamento dovuta a encefaliti (infezioni del cervello o a meningiti (infezioni delle membrane che avvolgono il cervello).
L'infezione primaria dura circa due mesi. In questa fase i linfociti TCD4+ si riducono e aumenta la replicazione virale che decresce rapidamente dopo 3-4 settimane come conseguenza della risposta immunitaria. Tale risposta può determinare: o la siero conversione, cioè la scomparsa del virus dal sangue, o la momentanea riduzione della replicazione dello stesso. Questa fase può durare dai sei ai nove anni. Quando il sistema immunitario s'indebolisce, perché privato dei linfociti TCD4+, a questo punto compare la sindrome da immunodeficienza acquisita conclamata. L'organismo incapace di difendersi contro l'infezione, va incontro alle malattie infettive, dette secondarie o "opportunistiche", dei polmoni, (polmoniti, tubercolosi, tumori)del cervello (encefalite e meningite), dell'intestino (diarrea vomito) o del sangue, che portano alla morte. Inoltre l'inefficienza del sistema di difesa fa sì che si sviluppino anche alcuni tumori (sarcoma di Kaposi, linfomi, ecc.).
Come si fa a sapere se si ha l'HIV ?
A causa dell'assenza dei sintomi specifici, la diagnosi d'infezione da HIV è di estrema difficoltà e si effettua solo mediante la ricerca degli anticorpi specifici anti-HIV e del virus nel sangue. Gli anticorpi compaiono nel sangue dalla terza settimane dal contagio e in casi particolari dopo tre mesi (Periodo finestra) in cui la presenza del virus può essere dimostrata solo attraverso complessi metodi, mirati alla ricerca del virus. Il test HIV per la ricerca degli anticorpi è il più semplice da eseguire, ma può essere effettuato solo dopo un mese dalla sospetta esposizione. In caso di positività il test va confermato comunque attraverso test più sensibili e specifici e mirati alla ricerca diretta del DNA del virus.
Quando ci si deve sottoporre al Test HIV?
Ricordo che il virus dell'AIDS è un virus debole, resiste poco all'esterno, muore immediatamente a contatto con i comuni disinfettanti, la trasmissione avviene solo se la carica virale sia sufficiente, quindi il contagio non è facile. Tuttavia tutti coloro che hanno avuto un rapporto occasionale non protetto, soprattutto pratiche sessuali particolari, come il sesso anale, devono sottoporsi al test HIV, come pure i tossicodipendenti che scambiano le siringhe e i bambini nati da madri siero positive o esposizione a sangue infetto tramite trasfusioni. Il rischio di contagio in queste occasioni è estremamente alto.
Esiste una cura per l'AIDS?
Attualmente non esiste una cura capace di debellare definitivamente il virus. I trattamenti disponibili consentono comunque di limitare la replicazione del virus e il danno a carico del sistema immunitario, prevenendo o ritardando in maniera considerevole la comparsa dell'immunodeficienza (AIDS). Da diversi anni è in commercio una terapia antivirale ad alta efficacia (HAART) basata sulla combinazione di più farmaci antivirali che agiscono con diversi meccanismi di azione. La terapia consente di mantenere molto bassi i livelli di virus nel sangue, limita il rischio di trasmissione dell'infezione, previene la comparsa di AIDS, riduce gli effetti collaterali rispetto alla terapia monofarmaco.
Il trattamento dell'infezione da HIV negli ultimi venti anni ha fatto enormi passi in avanti. L'utilizzo degli antivirali di nuova generazione hanno aumentato l'aspettativa di vita dei pazienti sieropositivi. Molte persone in trattamento da diversi anni mantengono un buono stato di salute, anche se la risposta al trattamento è molto individuale e dipende dalle caratteristiche della persona e dalla tipologia del virus infettante.
Come si previene il contagio da HIV?
Il preservativo utilizzato nei rapporti vaginali, anali e orali costituisce il mezzo di protezione più efficace contro l'HIV/AIDS. E' opportuno che anche le persone sieropositive continuino ad avere rapporti sessuali protetti da preservativo perché, oltre al rischio di infettare altre persone, possono contrarre un'infezione da ceppi virali differenti, potenzialmente più aggressivi e in grado di resistere ai farmaci della terapia praticata. Inoltre è necessario: evitare lo scambio di siringhe, sterilizzare la strumentazione chirurgica e diagnostica, controllare i donatori di sangue e organi, come previsto dalle norme e procedure trasfusionali. In caso di un evento ad alto rischio di infezione, quali l'esposizione a sangue infetto (trasfusione, puntura accidentale) o rapporti sessuali con persone HIV-positive o ad alto rischio di infezione, inclusi i casi di violenza sessuale, consultare immediatamente il medico o recarsi in Pronto soccorso per sottoporsi, se necessario, al trattamento antivirale preventivo entro le 48 ore successive. Durante la gravidanza la donna sieropositiva deve mantenere
bassa la concentrazione del virus nel sangue attraverso un'adeguata terapia antivirale che deve essere potenziata durante il parto o sottoporsi a parto cesareo (riduce il rischio di trasmissione dell'infezione al nascituro perché è evitato il transito nel canale vaginale). Il bambino nato da madre HIV-positiva deve essere sottoposto a trattamento antivirale preventivo e monitorato per almeno due anni, non deve essere allattato al seno.
dott. Franco Brinato
specialista in medicina d'emergenza urgenza e Medicina Termale e dirigente medico di Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso