Uccidono più degli incidenti stradali - La Salute su Aostaoggi.it a cura del dott. Franco Brinato
Le infezioni contratte in ospedale sono un fenomeno in forte crescita che uccide più degli incidenti stradali, ma le armi per sconfiggerle sono sempre di meno
Cosa sono?
Le infezioni ospedaliere sono la complicanza più frequente e grave dell'assistenza sanitaria. Sono le infezioni insorte durante il ricovero in ospedale, o dopo le dimissioni del paziente, che al momento dell'ingresso non erano manifeste clinicamente, né erano in incubazione. Sono l'effetto di procedure sanitarie (cateteri vescicali, venosi, arteriosi, broncoscopia, gastroscopia, ecc) e interventi chirurgici che se da una parte garantiscono la sopravvivenza dei pazienti, dall'altra consentono l'ingresso dei microrganismi anche in sedi corporee normalmente sterili. Ora si parla d'infezioni correlate all'assistenza sanitaria in generale (ICA), per porre l'accento sul concetto che è un fenomeno diffuso non solo in ospedale, ma in tutti gli ambiti dell'assistenza sanitaria (residenze sanitarie assistite per anziani, assistenza domiciliare, assistenza ambulatoriale).
Che dimensione ha il problema in Italia?
La stima numerica annua d'infezioni ospedaliere oltrepassa le 600 mila unità l'anno, più delle vittime degli incidenti stradali; tali infezioni prolungano ovviamente la degenza ospedaliera, con un aggravio di costi che oltrepassa un miliardo di euro l'anno. La maggior parte dell'infezioni correlate all'assistenza sanitaria interessa il tratto urinario, l'apparato respiratorio, le ferite chirurgiche, le infezioni sistemiche generalizzate (sepsi, batteriemie). Le più frequenti sono le infezioni urinarie, che da sole rappresentano il 35-40% di tutte le infezioni ospedaliere.
Perché in ospedale il rischio d'infezioni aumenta?
L'aumento delle infezioni è la conseguenza di:
- Scorretto uso di antibiotici, responsabili delle formazioni di ceppi batterici resistenti;
- Utilizzo di procedure invasive (broncoscopia, gastroscopia) interventi chirurgici, uso di cateterismi vascolari, soprattutto su pazienti ricoverati in terapia intensiva;
- Aumento del numero di pazienti ospedalizzati suscettibili alle infezioni, soprattutto anziani;
- Incremento del numero di persone che assistono lo stesso paziente (visitatori, parenti, amici, ecc.) che non rispettano le comuni norme igieniche;
- Maggiore mobilità del paziente all'interno dell'ospedale per eseguire indagini radiologiche o trasferimento da un reparto all'altro (aumenta il rischio di contagio);
- Presenza di personale non adeguatamente preparato alla prevenzione delle infezioni;
- Strutture sanitarie non adeguate.
Le persone più a rischio di contagio sono ovviamente i pazienti, ma anche il personale ospedaliero, gli assistenti volontari, visitatori, studenti e tirocinanti, è ad alto rischio.
Quali sono le cause di queste infezioni?
Sono infezioni provocate da microrganismi. I più coinvolti sono i batteri che in Italia giustificano il 95% delle infezioni; seguono i funghi (3%) e i virus (1%) (epatite B e C,AIDS e influenza). L'uso di antibiotici e disinfettanti ha selezionato germi resistenti, complicando le possibilità terapeutiche. I germi arrivano nell'organismo per vie diverse. I principali meccanismi di trasmissione delle infezioni correlate all'assistenza sono:
- Uso di strumenti chirurgici contaminati o di procedure invasive (cateterismo venoso o arterioso, cateteri vescicali ecc) non eseguite in perfetta sterilità;
- Contatto diretto tra una persona sana e un'infetta, soprattutto tramite le mani;
- Contatto via aerea tramite le goccioline emesse nell'atto del tossire o starnutire;
- Trasmissione dell'infezione attraverso cibo, sangue, liquidi d'infusione, disinfettanti, ecc.
Oggi è possibile prevenire queste infezioni negli ospedali italiani?
Non tutte le complicanze infettive dell'assistenza sanitaria sono prevenibili. Vi sono, però, dati scientifici certi, che dimostrano che le procedure eseguite in modo corretto, riducono il rischio del 70%. Le misure di prevenzioni più efficaci sono:
- Il lavaggio corretto delle mani degli operatori sanitari (che rimane una delle più importanti ed efficaci);
- La riduzione al minimo delle procedure diagnostiche e terapeutiche, non strettamente necessarie;
- Sterilizzazione corretta degli strumenti chirurgi e l'esecuzione delle procedure (cateterismo venoso o arterioso, cateteri vescicali ecc), trattamento delle ferite il più possibile in ambiente asettico (sterile);
- Il corretto uso degli antibiotici (il 16% delle infezioni correlate all'assistenza è provocati da germi resistenti agli attuali antibiotici);
- La somministrazione delle vaccinazioni raccomandate, sia per i pazienti, sia per gli operatori sanitari (riducono notevolmente la diffusione dei germi);
- Comportamenti corretti da parte degli operatori sanitari e di chiunque frequenti i luoghi di cura (non recarsi in ospedale o avvicinarsi al malato quando si è raffreddati, lavarsi le mani prime e dopo, uso di mascherine ecc.);
- Implementare e istituire un comitato all'interno di ogni ospedale dedicato alla sorveglianza sanitaria per il controllo delle infezioni ospedaliere;
- Formazione adeguata del personale sanitario
- In caso d'infezione, adattare strategie per l'identificare, in tempi rapidi, i pazienti infettati, il loro adeguato trattamento, l'eventuale isolamento dagli altri pazienti, la modalità di trasmissione e la causa dell'infezione e il rinforzo delle misure di prevenzione per evitare la diffusione dell'infezione.
In conclusione cosa si può fare?
Le infezioni correlate all'assistenza sanitaria sono un grave problema per la salute pubblica. Il 70% delle infezioni può essere evitato attraverso comportamenti virtuosi del personale sanitario e di tutte le persone che a vario titolo sono in contatto con i malati. La resistenza di molte infezioni a diversi antibiotici è un reale rischio. Dall'introduzione della penicillina nel 1941, gli antibiotici sono divenuti una delle pietre miliari della medicina moderna. Tuttavia, negli ultimi decenni, sono aumentati gli agenti patogeni resistenti a questa categoria di farmaci. Inoltre il numero di nuovi antibiotici sviluppati dagli anni Settanta si è costantemente ridotto, perché non redditizio per le case farmaceutiche, ormai troppo concentrare sull'innovazione di farmaci per la prevenzione e la cura delle malattie cardiovascolari. Ciò provoca da un lato la riduzione della mortalità, dall'altro lo stesso malato sopravvissuto a una malattia cardiaca, può morire per una banale infezione. Occorre sollecitare e sensibilizzare istituzioni, case farmaceutiche, Università, comunità scientifiche, a investire su strategie avanzate per lo sviluppo e la messa in commercio di antibiotici innovativi e per questo è necessario lo sforzo di tutti.
Se non si ricorre ai ripari, nel 2050 le infezioni batteriche causeranno, nel mondo circa dieci milioni di morti l'anno, superando ampiamente i decessi per tumore, diabete e malattie cardio-vascolari.
dott. Franco Brinato
specialista in Medicina d'Emergenza Urgenza e Medicina Termale e dirigente medico di Medicina d'Urgenza e pronto soccorso