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Geenna: tifoseria pro Sorbara. Chiesti 58 anni di carcere

Oggi le requisitorie delle difese dei cinque imputati


processo GeennaAOSTA. Mercoledì in tribunale ad Aosta è ripreso il processo Geenna con le requisitorie dei P.M. della Procura della Repubblica e Dda di Torino Stefano Castellani, Valerio Longi e il procuratore Capo di Torino Anna Maria Loreto.

L'applauso agli imputati

L’inizio del processo, è stato allietato, se così si può dire, da una manifestazione di affetto da parte di tifosi di Marco Sorbara, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. Un gruppo di fans davanti all’entrata del Tribunale di Aosta ha salutato il proprio beniamino con applausi e urla di conforto. La scena ha ricordato quelle dei fans che si accalcano per salutare i cantanti fuori dal teatro Ariston di Sanremo, peccato che si tratta di un processo penale e non di uno spettacolo. Forse, questo è stato l’ultimo atto di una campagna a sostegno di Sorbara partita con un articolo pubblicato da un quotidiano on line nel quale il direttore esprimeva il proprio sostegno morale all’amico Sorbara dandogli appuntamento in futuro al santuario di Polsi. Proseguiva con la pubblicazione di una lettera strappalacrime, sempre sulla stessa testata, di una giovane parente di Sorbara considerato una "vittima della giustizia". Infine, una sorta di arringa difensiva, pubblicata su un quotidiano e su un settimanale, ad opera del fratello di Marco Sorbara, noto avvocato di Aosta. Un sostegno morale che ad altri imputati è mancato. Il perché di questa particolare attenzione per ora non è dato a sapere. Sta di fatto che certe scene siamo abituai a vederle in determinati quartieri ad alta densità mafiosa, in Valle d’Aosta è la prima volta.

Le requisitorie dei pm

Le requisitorie dei pm sono state aperte da Castellani il quale ha illustrato quali sarebbero stati i temi affrontati da ogni singolo Pubblico Ministero: lui stesso avrebbe illustrato la sussistenza di una struttura della ‘ndrangheta in Aosta, il pm Longi il rapporto tra politica e associazione mafiosa ed infine il pm Loreto le conclusioni con le questioni prettamente giuridiche e richieste di condanna.

La genesi dell’indagine Geenna si fonda sul patrimonio informativo di sentenze definitive relative a procedimenti sulla presenza della ‘ndrangheta nel Nord Italia, soprattutto: Infinito, Crimine, delle D.D.A. di Milano e Reggio Calabria, Minotauro e Colpo di coda della D.D.A. di Torino. Queste inchieste hanno permesso di stabilire che la ‘ndrangheta non è un insieme di “locali” sparsi nel territorio, ma è una struttura verticistica che ha il suo centro direzionale in Calabria a cui tutte le sedi esterne fanno capo, anche se le varie strutture locali sono autonome nell’agire in base al territorio in cui si trovano. Per le nuove associazioni per delinquere di stampo mafioso, è necessario stabilire la capacità di intimidazione, mentre per quelle storicamente riconosciute, quale la ‘ndrangheta, c’è una sorta di “Marchio di Origine”. Insomma, per usare lo slogan di una pubblicità datata: "…basta la parola". Tra il 1998 e 2000 i Carabinieri di Aosta avevano già accertato la presenza di un locale della ‘ndrangheta in Aosta, almeno dagli anni 70, se non prima. Tale intuizione non ebbe fortuna e fu archiviata.

Il dott. Castellani ha proseguito con le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che hanno confermato l’esistenza della ‘ndrangheta in Aosta. Il pm ha proseguito analizzando fatti di intimidazione, anche emersi in altre indagini della stessa Dda  e condotte dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Aosta: Tempus Venit, estorsione a carico della Edisuld dei fratelli Tropiano ad opera della ‘ndrina Facchineri; Hybris, estorsione in danno dei fratelli Fazari e Macrì Francesco, ad opera della famiglia Taccone con Mammoliti Domenico, per cui si sono mosse ‘ndrine della Calabria per sanare la questione. In ultimo la grave estorsione ad opera di Salvatore Filice ai danni di Elia, nipote di Raso Antonio. Per questa vicenda era intercettata una serie di riunioni in cui erano rispettati i canoni del galateo della ‘ndrangheta, comprese le ambasciate alle famiglie della Calabria, che devono sempre essere informate. A capo del locale di Aosta c’era Di Donato Marco Fabrizio, (già condannato in rito abbreviato dal G.I.P,. di Torino il 17 luglio 2020) il quale, già in una intercettazione ambientale nel processo per associazione per delinquere finalizzate alla truffa a Firenze, fra cui erano imputati i cugini Nirta, Di Donato si palesava quale ‘ndranghestista di rango.

La risata intercettata

Il colpo di scena è avvenuto con l’ascolto di una intercettazione ambientale in casa di Di Donato. La conversazione verteva sulla possibilità di "tagliare la coda" a Giachino, imputato perché appartenente al locale. Il termine è sinonimo di affiliazione. Prende spunto dall’immagine che una persona normale che ha la coda quando cammina sposta la polvere lasciando tracce. Agli uomini d’onore viene "tagliata la coda" in modo che non possono spostare la povere e lasciare tracce. L’ipotesi della difesa è che Di Donato, Prettico e lo stesso Giachino, pur utilizzando una terminologia tipica della ‘ndrangheta, in realtà stessero scherzando e la dimostrazione era una sonora risata di Di Donato. Secondo l'accusa ascoltando attentamente la registrazione, prima della risata si sente un rumore inconfondibile che è lo scarrelamento di un otturatore di un’arma. Questo deve aver provocato una reazione di stupore di Giachino, evidentemente non abituato alle armi, quindi la risata di Di Donato.

Prettico aveva dimostrato essere molto addentro alle dinamiche tanto da essere, secondo l’accusa, utilizzato per ambasciate a San Luca, capitale della ‘ndrangheta, e incontri con la "società" sempre nella stessa capitale. La "onorata società" è il termine con cui gli ‘ndranghetisti chiamano l’associazione mafiosa.


La scalata all'Union Valdôtaine

L’attività principale della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta, è sempre stata la costruzione di una fitta rete con le istituzioni, non ultima la scalata al più importante movimento politico: l'Union Valdôtaine. Il programma politico era già emerso nell’indagine Lenzuolo e in Geenna e Egomnia questa ipotesi si è perfezionata. Si deve tornare al 1994 quando Augusto Rollandin, Francesco Raso e Giovanni Barocco patteggiavano una pena per voto di scambio. Il Francesco Raso, detto Ciccio, era stato indicato da un collaboratore di giustizia quale capo della ‘ndrangheta dell’epoca.
Attualmente, ovvero dal 2015 al 2018, per portare avanti l’attività a livello politico, sono stati usati Marco Sorbara e Monica Carcea. Questi, sempre secondo l’accusa, erano perfettamente consapevoli di essere uno strumento per gli interessi della “società”.

Questo aspetto è stato ampiamente analizzato dal P.M. Valerio Longi il quale ha portato elementi indizianti a sostegno della tesi secondo la quale i due amministratori lavoravano per gli interessi della ‘ndrangheta o comunque dell’associazione che gli aveva permesso di ottenere le cariche pubbliche. La loro opera non era quindi la gestione della “cosa pubblica” ma l’impegno era quello di ottenere il massimo consenso attraverso il collaudato sistema clientelare.

Chieste condanne per 58 anni

La pm Loreto al termine del suo intervento ha chiesto di condannare gli imputati per un totale di 58 anni di reclusione: Antonio Raso 16 anni; Alessandro Giachino e Nicola Prettico 12 anni; Monica Carcea e Marco Sorbara 10 anni.

Oggi la parola alle difese.

 

Paolo Alessandro Garberoglio

 

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