Nella processo-bis di Geenna i giudici segnalano la presenza di «soggetti operanti nella compagine criminosa di matrice calabrese quantomeno dagli anni '70-'80»
La 'ndrangheta in Valle d'Aosta ha un «radicamento sul territorio» che dura da «decenni». Lo rilevano i giudici della Corte di Appello nella sentenza emessa dalla III Sezione penale nel processo-bis dell'inchiesta Geenna sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel territorio valdostano.
«Il territorio valdostano - scrivono i giudici - è stato interessato dalla presenza di soggetti operanti nella compagine criminosa di matrice calabrese quantomeno dagli anni '70-'80. Significative in tal senso sono state le deposizioni testimoniali che hanno consentito di avere una panoramica delle infiltrazioni 'ndranghetistiche e della loro evoluzione nel corso dei decenni e di meglio comprendere le risultanze delle captazioni ambientali e telefoniche che abbracciano periodi assai lunghi e differenti, a conferma del radicamento sul territorio da decenni di quella che, secondo l'attuale denominazione, è individuata come la "locale" di Aosta». Definita una «struttura delocalizzata che, se in passato ha operato anche compiendo attività di natura violenta e minacciosa, ha poi indirizzato il suo campo d'azione nell'infiltrazione e nel condizionamento dell'attività amministrativa».
La sentenza ripercorre fatti di cronaca, omicidi in particolare: quello del 1980 di Francesco Manti assassinato ad Aosta, poi Giuseppe Mirabelli ucciso dieci anni dopo a Issogne e anche l'omicidio di Gaetano Neri avvenuto nel 1991 a Pont-Saint-Martin.
«Il territorio valdostano» dunque «non è stato immune da contaminazioni della malavita calabrese e, anzi, è divenuto anche luogo di dimora di taluni personaggi di spicco della criminalità organizzata di stampo mafioso vedendo in rilievo, in primo luogo, la famiglia Nirta, la cui presenza in Valle d'Aosta era nota quantomeno dal 1950».
Marco Camilli
