Povertà, assistenza in ambito sociale e sanità: ne parliamo con il coordinatore di Fratelli d'Italia Valle d'Aosta
La Valle d'Aosta, detta l'isola felice, si scopre sempre più come un territorio colpito da suicidi e povertà dilagante, come dimostra la notizia dei due anziani trovati senza vita nei garage dove vivevano. Se però andiamo a sentire le istituzioni sembra che questi problemi in Valle d'Aosta siano di minimo impatto. È davvero così?
«Non mi piace strumentalizzare una tragedia come quella delle settimane scorse. C'è tanta pena per quello che è accaduto, ma questi fatti uniti al dato oggettivo dei suicidi evidenziano come questa non sia un'isola felice dal punto di vista dell'attenzione alle persone meno fortunate, che sono sempre di più. Chi si trova al governo in Valle d'Aosta non può ignorare questa situazione. Le due persone decedute pare non interessino quasi a nessuno: c'è stata un po' di attenzione all'inizio, ma poi tutto finisce nel dimenticatoio. Al di là di accuse generiche, che sembrano un facile mezzo per attaccare un avversario politico, tutta la classe politica, maggioranza e opposizione, deve interrogarsi sulle questioni sociali, sanitarie e assistenziali. Ho letto che i due anziani erano noti agli uffici competenti: non posso non pensare che quell'epilogo poteva essere evitato con un maggiore controllo. Con questo non voglio dare responsabilità, perché so che ci sono difficoltà in termini di personale, ma bisogna far sì che queste difficoltà siano risolte. Qualcuno ha parlato della minore disponibilità di immobili a causa degli affitti turistici: io dico che il turismo è una cosa mentre il diritto delle persone di avere un tetto sulla testa è un'altra cosa. Sappiamo che tante persone hanno bisogno di casa e ci sono patrimoni immobiliari - penso anche solo ad Aosta, al quartiere Cogne - che dispone di case sfitte, lasciate andare. L'amministrazione deve assolutamente riprendere il controllo della ristrutturazione del patrimonio immobiliare residenziale a uso di emergenza per dar risposte a queste persone. Diversamente, se non si fa nulla, allora si diventa complici. Noi su questo terreno vorremmo una inversione di rotta».
I politici sono un po' sempre alla ricerca del consenso. Forse la politica preferisce dedicarsi ad altro, che dia più riscontro elettorale, anziché "investire" politicamente su queste fasce di popolazione in difficoltà?
«È una questione di coscienza civile. Assieme alle persone che sono con me sto cercando di costruire un programma che sia orientato su pochi ma qualificati punti e in cui ci sia spazio per l'attività produttiva e turistica - che devono essere il motore della nostra regione per far scendere il peso del controllo della Regione sull'economia - e anche attenzione alla questione della sanità. Bisogna invertire una rotta che, in questo momento, sembra procedere in modo irreversibile verso il basso nonostante le rassicurazioni di chi in questo momento governa. Siamo in una situazione in cui l'assistenza domiciliare e territoriale è all'ultimo posto nelle classifiche nazionali dopo le Regioni del Sud. Possono spiegarci che è una questione di parametri, ma le classifiche sono impietose. Se vogliamo chiamarci un Paese civile dobbiamo attivare tutti i mezzi necessari per investire nel settore sanitario, medico, infermieristico e assistenziale».
L'assessore regionale alla Sanità rappresenta un po' la figura apicale di questo problema. Dove sta sbagliando Marzi e cosa dovrebbe fare?
«Dell'assessore mi hanno colpito le dichiarazioni secondo cui lo cose stanno così e non si può fare di più. La considero una dichiarazione di impotenza che dovrebbe comportare le immediate dimissioni. Se il comandante in capo di un settore è il primo che non ci crede o che disillude quelli che dipendono in qualche modo da lui, vuol dire che c'è un black out e bisogna affrontarne le conseguenze. Se fossi chiamato a seguire un settore farei di tutto per invertire la tendenza. Non può esserci una dichiarazione di resa. Alla domanda cosa dovrebbe fare rispondo che dovrebbe lavorare dalla mattina alla sera per dimostrare che la situazione può cambiare. Mi rendo conto che sia difficile, perché i problemi sono presenti anche nelle altre Regioni, però si deve e si può agire. Questa situazione non può essere mantenuta».
Marco Camilli