La magistratura, quella deviata e tirannica, è un serio problema anche per i minori e per i loro genitori non più conviventi, che, sistematicamente, tarpa le ali al genitore emarginato, quasi sempre il padre. Lo diciamo da trent’anni, ma nessuno osa stoppare questi dispensatori di morte. Sì, di morte, perché centinaia di genitori, ogni anno, si tolgono la vita, spesso con discrezione, perché espropriati anche dei più elementari diritti e dei quali nessuna stampa ne parla. Nessuno ne parla, perché in troppi temono ritorsioni, soprattutto nei tribunali piccoli. Lo sanno anche i magistrati corretti del tribunale di appartenenza, ma rigorosamente tacciono e nemmeno, però, si lavano in casa i panni sporchi.
I mali della magistratura italiana sono tanti – e tutti lo sanno e vorrebbero denunciarli nella loro gravità - proprio per la presenza, al suo interno, di persone che, forse, non hanno mai avuto la predisposizione professionale necessaria per ricoprire certi incarichi e che sembrano non avere più la doverosa domestichezza nemmeno con il diritto familiare, la giurisprudenza e la dottrina. Se non fosse così, non si comprende come possano essere formulati certi provvedimenti, irrispettosi persino verso la dignità dei minori che dovrebbero tutelare. Non è questione di patriarcato, poiché la maggior parte dei giudici che trattano affaire de famille sono donne e madri di famiglia e si tratta, quindi, di invadente e mai morto matriarcato, sorretto consapevolmente da quei giudici uomini che considerano la donna intoccabile e il padre, che la contesta con i fatti, un disturbatore seriale.
I politici, quando intervengono, lo fanno con provvedimenti maldestri ed inattuali, che complicano la situazione di minori e dei loro genitori, e non toccano affatto il dittatoriale modo di fare di alcuni giudici (molti e devastanti) con le loro assurde sentenze, spesso coperte anche dalla rispettiva corte d’appello, che rigettano il ricorso e che negano l’esistenza del dovere, per loro giudicanti, di garantire a figli e ai genitori le pari opportunità genitoriali, la bigenitorialità e la cogenitorialità. Termini sostanziali, questi, che fanno la differenza tra provvedimenti imposti a prescindere dalla reale situazione genitoriale e provvedimenti frutto di rispettoso contraddittorio, dialogo e convincimento equo, che limiterebbe anche i costosi interventi della Cedu, che condanna l’Italia con consistenti penali economiche per il mancato controllo sull’operato di giudici inesperti e deviati dalla imperante logica di genere.
L’esame psicologico dei giudici per verificare se hanno l’equilibrio necessario per esercitare una delicata professione va attuato immediatamente e va imposto a tutti i giudici che sono oggetto di precise contestazioni da parte dei cittadini e per tutti coloro che vogliono esercitare una professione che, al primo posto, ha la indipendenza psichica del giudice e la sua capacità a discernere l’operato dei due genitori. Altrimenti, stando alle sentenze, si dovrebbe concludere che i giudici non sono imparziali perché si comportano semplicemente come se fossero dei politici.
Alcuni giudici, nei procedimenti di affido dei figli, di separazione e di divorzio, lasciano impietriti, soprattutto i padri, da loro ritenuti sempre perdenti ed inadeguati, ricorrendo ad un modo di operare che, di fatto, esclude un serio contraddittorio e la possibilità di difesa del padre, ritenuto sempre inadeguato per la collocazione/affido dei propri figli, così come affermano - sempre (!) – le facinorose madri, che, al bene dei figli, antepongono il proprio interesse economico, riducendo l’altro genitore in miseria e, talvolta, alla fame. Tutto ciò a questi giudici non interessa, come non interessa loro ascoltare le ragioni del padre dinnanzi alle pesanti ed umilianti false accuse materne. Se il genitore insiste di voler fare dichiarazioni, la solerte giudice dichiara chiusa l’udienza e si riserva di decidere, anzi sostiene che ha già scritto la sentenza e queste udienze servono solo per convincere il padre ad accettare “senza batter ciglio” le richieste materne, perché sagge ed adeguate per educare e far crescere i figli, anche se è conclamato che la madre collocataria non sta con i figli, talvolta nemmeno di notte, e li affida a sue connazionali (se di origine extra comunitaria), che spaccia per sorelle.
Lavorerebbe, a suo dire e con l’avvallo della giudice, anche la notte e, se i figli non stanno con la madre collocataria, non deve interessare al padre cosa succeda loro figli quando sono con la madre. Nel momento in cui il genitore tenta di spiegare che le cose non stanno come acriticamente si immagina il G.I., la giudice si mette ad urlare e, rivolgendosi al padre con fare dittatoriale, gli urla, puntando il dito, “quella è la porta ed esca immediatamente da questa aula”.
Questa esponente della magistratura del centro Italia, in una precedente udienza, ha preteso che il marito accettasse tutte le condizioni imposte dalla madre extraeuropea, che aveva lasciato i figli piccolissimi al padre, quando uno di essi aveva appena tre mesi, ma che, da marzo, ha preteso la loro collocazione prevalente presso di sé e non più presso il padre, al quale non aveva mai versato un becco di quattrino per il loro mantenimento, anzi ottenendo per sé un assegno di mantenimento di €. 350, perché, a suo dire, era disoccupata, mentre, al contrario, aveva i soldi per tenersi due appartamenti, vestire alla moda e ostentare un elevato tenore di vita con i suoi attempati accompagnatori, costruire una villa ed acquistare proprietà nella sua città di origine ed investire in borsa.
Manda i figli a scuola con abiti piccoli, consunti, senza ricambio per quello che frequenta il nido e, soprattutto, sporchi e puzzolenti, mettendoli a disagio con i compagnetti di scuola. Lei dice di lavorare molto con turni notturni, compresi quelli trascorsi nel secondo appartamento o a casa dei suoi amici, conosciuti chattando dalla mattina alla sera. Il padre, giustamente, vuole sapere con chi stanno i figli, non essendo mai, a casa e a chi li lascia, ma il giudice drasticamente risponde che la signora lavora (rigorosamente a nero, per non perdere i benefici economici e il c.d. patrocinio gratuito) e lascia i figli a chi vuole e il padre non avrebbe il diritto di controllarli quando stanno con la madre. Questa esperta di diritto minorile dimentica che il padre ha il dovere del controllo sui figli anche quando non sono con lui. Lo dice la legge che, forse, il G.I. non conosce o ritiene inutile. La premurosa madre ha preteso la collocazione dei due bambini presso di lei, perché fonte di soldi: assegno di mantenimento (oltre €. 500 al mese) e cessione del 50% dell’assegno unico di pertinenza paterna (oltre €. 200,00 al mese), il 100% di tutti gli altri contributi pubblici e privati.
Il giudice pretendeva assolutamente un accordo tra i genitori, cioè che il padre accettasse la collocazione dei figli presso una madre assente, che li aveva rifiutati dopo la nascita per collocarli in una casa famiglia, facente parte di una società presieduta dal suo legale e che operava in stretta collaborazione con i servizi sociali che avevano provveduto ad indicare alla signora quel legale. Il padre non ha accettato e, allora, furono assegnati a lui da un altro giudice e i servizi sociali cominciarono a scrivere che la madre era una ottima madre, ma non altrettanto era il padre, smentendo quello che avevano relazionato in precedenza.
L’attuale giudice ha imposto al padre di rinunciare al suo 50% dell’assegno unico a favore della madre, altrimenti non avrebbe tolto il mantenimento della moglie (altri €. 350,00 al mese), affatto non giustificato potendo la moglie lavorare ed avendo misteriose risorse economiche che le permettevano di portare a termine una lussuosa villa nel paese natio e l’acquisto di terreni e di investire in borsa.
Poiché il padre contesta il comportamento della madre, la magistrata gli ha brutalmente detto che emetterà nei suoi confronti - e lo farà in questi giorni - un provvedimento restrittivo della sua responsabilità genitoriale per non accettare spontaneamente le imposizioni della magistrata granitica.
Come spiegare tutto ciò? Non si parla di ricatto del giudice, perché i giudici non possono ricattare (in Italia ciò è vietato per chiunque), ma, allora, di cosa dobbiamo parlare?
Certo è che i padri continueranno ad uccidersi ogni anno (anche in percentuale elevata, come avviene in Valle d’Aosta) per la ingiusta Giustizia di alcuni giudici che nessuno provvede a rimuovere da incarichi gestiti malissimo e in modo discriminatorio. Purtroppo, parte della Giustizia è ingiusta e resta impunita per colpa di intoccabili giudici!
Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps) -
Contatti: tel. 347.6504095, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., www.genitoriseparati.it