Parlare di violenza di genere vuol dire solidarietà totale con le vittime di un inaccettabile modo di intendere e considerare la figura femminile e presuppone, di conseguenza, la incondizionata condanna del dilagante femminicidio e dei ripetuti maltrattamenti da parte dell’uomo sulla donna.
Ma esiste anche una violenza dove la donna, leggasi madre e/o moglie-compagna-convivente, non è vittima, ma carnefice consapevole di una violenza sui figli e sul padre separato, che quotidianamente si verifica e contro la quale nessuno ha il coraggio di denunciare. Le stesse Pari opportunità sono una emanazione discriminatoria della faziosità nel gestire la violenza, sia maschile che femminile, dimenticando che i figli minori e padri separati, l’uomo, sono, molto spesso, vittime della violenza di matrice femminile, di cui nessuno parla.
I centri anti-violenza sono tutti a difesa della donna e nessuno, proprio nessuno, si pone il problema della violenza praticata dal genere femminile, spesso non denunciata in modo chiaro da chi la subisce, per paura di ritorsioni da parte delle istituzioni e di chi, di fatto, continua, ancora oggi, a gestire a suo piacimento i figli. Il padre separato nemmeno può denunciare la violenza continua e quotidiana che i propri figli, e lui, subiscono per la complicità delle istituzioni che, invece, dovrebbero sempre intervenire per chi è vittima di violenza, sia fisica che psicologica che morale. E’ una questione di cultura, ma anche di accesso ai cospicui e incontrollati flussi economici dei cittadini.
Il convegno sulla Violenza di genere quando le vittime sono i minori e i padri separati (sabato 12 ottobre, ore 9 presso la Sala Bcc in piazza Arco di Augusto di Aosta; diretta su Aostaoggi.it) vuole costituire una occasione di confronto fra varie culture e vari modi di intendere la violenza di genere – con la totale condanna dei femminicidi – con le tantissime associazioni ed istituzioni che cavalcano, giustamente, ma, a nostro parere, talvolta anche in modo superficiale e settario, questo abuso sull’uomo, dimenticando che, negli affidi dei minori, dopo la fine della convivenza dei genitori, i figli sono, molto spesso (quasi sempre, quando c’è la conflittualità genitoriale), vittime di una logica che sicuramente non è improntata alla difesa del superiore interesse dei minori e che non è riconducibile al genitore estromesso dalla vita dei figli. Ne sono vittime sia gli stessi figli minori che il genitore non più convivente e, quasi sempre, non collocatario degli stessi, poiché prevale l’assurdo principio che “la mamma è sempre la mamma” e che il padre è inadatto a far crescere i figli, cioè permane il retaggio culturale di altri tempi e che la vita quotidiana attuale continuamente smentisce.
La perfidia con cui molte madri portano avanti battaglie contro il padre per appropriarsi dei figli o, meglio, della fonte economica che gli stessi garantiscono con l’affido o collocamento prevalente, arriva a formulare, senza il pur minimo scrupolo, falsi pretesti di violenza familiare, suggeriti loro, e le cui denunce all’autorità giudiziaria sono strutturate frequentemente dagli stessi centri antiviolenza e dalle associazioni femministe.
Inizia così il calvario del padre separato, che vede improvvisamente sparire i figli e la loro madre, senza poter sapere dove effettivamente si trovino, poiché sia i servizi sociali che le forze dell’ordine preferiscono tacere, rendendosi complici di provvedimenti che, se non dovutamente documentati, potrebbero rappresentare anche una sottrazione di persona incapace. Per mesi, i figli non vedono e non sentono il padre e nemmeno viene loro spiegato, nei giusti termini, il motivo di questa scomparsa del genitore e nessuno ascolta il loro grido di sofferenza.
Tantomeno si ha riguardo per il padre, espropriato, a sua insaputa, del diritto genitoriale da istituzioni per le quali i figli non appartengono ai genitori, ma a coloro che operano nel settore degli affidi e delle “case famiglia o istituzioni protette”, talvolta anche senza la dovuta preparazione professionale e psicologica, come testimoniano le relazioni inviate ai tribunali, quasi sempre uguali in tutta Italia, come se la regia fosse unica.
Tutelare i minori ed il genitore estromesso vuol dire accelerare al massimo le procedure per l’accertamento della reale dinamica dei fatti, anche attraverso l’assunzione delle risorse umane necessarie a raggiungere tale obiettivo.
Ridiamo senso alle parole e staniamo chi si approfitta di leggi che parlano della violenza vera, ma non di quella costruita strategicamente a tavolino per colpire il padre e i figli minori, con la convinzione che i figli, prima o poi, si adegueranno alla nuova situazione e alle nuove e momentanee figure maschili che affiancano la madre.
Ridiamo dignità ai padri che vogliono fare i padri e preserviamo i figli da un abbandono diffuso, che li porta ad essere vittime di devianze pericolose e che condizionerà la loro vita e la società stessa. Rifiutare il confronto e non dare ascolto alle richieste del padre estromesso dalla vita dei figli, vuol dire rendersi complici di una violenza di genere, di cui sono vittime minori e padri separati, oggi assai diffusa.
La nostra associazione porterà il dibattito nelle varie città italiane e si farà promotrice di iniziative per ribadire che il superiore interesse dei minori è quello di salvaguardare un rapporto diretto con ambedue i genitori e che anche le istituzioni pubbliche e pagate con i soldi pubblici possono essere complici di irreparabili abusi sui minori e dei tanti suicidi che costellano il mondo delle separazioni.
Ubaldo Valentini, pres. Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
www.genitoriseparati.it - contatti: tl. 347.650 4095 o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.