La Legge parla di violenza, senza distinzione di genere

Il consigliere regionale Andrea Manfrin, constatata l’esistenza in Valle d’Aosta di numerosi uomini vittime di violenza e dopo che anche il piano per la prevenzione della violenza regionale arriva a denunciare la carenza di strutture e supporti per queste situazioni, ha presentato una interpellanza alla giunta regionale per chiedere l'apertura di un Cav dedicato agli uomini.
Durante la discussione dell’interpellanza, l’assessore ha risposto che la violenza sugli uomini non rappresenta un allarme sociale, ignorando sia i casi di cronaca, che il consigliere Manfrin aveva citato, sia i dati dell'unico studio condotto, che evidenziano come il 25% delle violenze avvenga anche ai danni di uomini. Una risposta pilatesca disarmante e preoccupante per il disprezzo verso i cittadini in difficoltà ed ancor più preoccupante è il disinteresse totale verso queste problematiche da parte di tutti gli altri consiglieri regionali, compresi quelli che vorrebbero farsi passare per paladini “degli ultimi”.
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La risposta dell’assessore Marzi (noto per il suo totale disinteresse nei confronti delle impellenti richieste dei separati, che chiedono una vera tutela dei propri figli e una terzietà … ma non un discriminante schieramento di campo), la trasparenza dei servizi sociali, come la legge pretende, nel riferire i fatti, escludendo qualsiasi persecuzione verso i padri per assecondare le pretese materne. Il comportamento del responsabile valdostano delle politiche sociali evidenzia il disinteresse del suo assessorato verso una parte dei cittadini (molti dei quali sono stati suoi elettori e gli permettono di percepire i benefici economici di cui attualmente gode), che è una palese offesa ai cittadini valdostani di sesso maschile che, a suo dire, non sono vittime di violenza e che, quindi, non necessitano di un apposito centro (cav) dove potersi recare per avere consigli ed essere tutelati, nonostante il rifiuto anche di solo ascoltarli da parte del centro antiviolenza esistente.

Non è chiaro conoscere a quale violenza si riferisca l’assessore e quali siano le sue fonti informative, da cui trae le sue drastiche conclusioni, che, in verità sono le stesse di chi gestisce l’antiviolenza di genere e tutti i finanziamenti pubblici, che, senza alcun riscontro degli amministratori regionali, vengono elargiti a specifici centri, alle associazioni femministe, alle Pari Opportunità e a tutte quelle cooperative che orbitano nel lobbistico mondo sociale.
L’assessore Marzi non sa, inoltre, o fa finta di non sapere, che tutte le leggi vigenti sulla violenza fisica e psichica endofamiliare non fanno nessuna distinzione (o, meglio, discriminazione) tra genere femminile e quello maschile, la violenza di genere è senza genere sessuale nel nostro ordinamento. Inoltre, non è chiaro a nessuno quale sia l’origine etimologica del lemma “genere” né del suo significato giuridico. Anche il cosiddetto “Codice Rosso”, in realtà, è privo di genere e prevede moltissime forme di tutela nei confronti delle persone vittime della violenza, ma in nessun passaggio è orientato a prediligere un sesso rispetto all’altro. Le fonti normative che fanno specificazioni (percepite come effettive distinzioni e/o, forse, come discriminazioni), di solito, sono i regolamenti regionali e/o dei cav, che scelgono di tutelare solo le donne ed i minori.

Di conseguenza, tutte le iniziative e istituzioni finanziate contro la violenza non possono essere ostaggio di un genere o delle note lobby che, di fatto, gestiscono i servizi sociali pubblici o semi-pubblici valdostani e giocano su un equivoco che giuridicamente non c’è e tantomeno possono escludere l’uomo. Altrimenti, gli amministratori pubblici, a cui fanno capo i tanti e incontrollati finanziamenti concessi, potrebbero essere chiamati a rispondere personalmente (di propria tasca) alla mala gestione dei soldi pubblici, concessi acriticamente ad istituzioni e iniziative che escludono volutamente e in modo inequivocabile il sesso maschile e, diciamolo, pure i minori, soprattutto negli affidi.

Che cosa fa e quanto costa annualmente sia allo Stato che alla Regione l’istituto delle Pari Opportunità VDA, che opera rigorosamente a tutela della violenza sulle donne? Perchè continua a chiamarsi così se sono esclusi categoricamente interventi a favore degli uomini abusati?

L’assessore, invece di mostrare tanta solerzia nel rigettare aprioristicamente le richieste (giuste e urgenti) dei separati, farebbe bene, dopo le loro denunce, ad aprire una doverosa e serrata, autonoma e competente indagine su ciò che avviene all’interno delle Pari Opportunità, del Centro Antiviolenza, dei servizi sociali e delle associazioni a loro collegate, su come vengono gestiti i singoli casi, gli incarichi professionali “suggeriti”, quando a ricoprirli, di fatto, potrebbero essere i responsabili dei centri e delle associazioni di genere. E’ indispensabile, come chiediamo da anni (anche ai precedenti assessori del settore), verificare se esistono, in nome della tutela del proprio assistito, una vera manomissione della trasparenza e della concorrenza, anche nella proposta di nomina di legali, di psicologi, delle case famiglia, di educatori e nella predisposizione delle denunce (proposte da questi facinorosi centri anche quando i fatti risultano essere ben diversi da quelli denunciati) per accedere subito, con sicurezza, al patrocinio a spese dello Stato, visti i tempi biblici delle indagini, indebitamente troppo lunghe, con garanzia economica certa per il professionista.

Non sappiamo se, a seguito delle nostre numerose denunce, la Corte dei Conti e/o la polizia tributaria valdostana si sia mossa, ma il silenzio, che dura da anni, e il permanere delle problematiche denunciate non giovano a rassicurare i cittadini, che, ogni giorno, in Valle d’Aosta, vengono distrutti, loro e i loro figli, dalla giustizia ingiusta, da un servizio sociale arrogante e superficiale, da una politica volutamente assente.

L’assessore Marzi ha affermato che la violenza sugli uomini non è una emergenza in Valle d’Aosta, snobbando quanto riportato più volte dall’informazione, e che, quindi, non esiste la necessità di una specifica forma di protezione per loro, così come, abusando pure, invece, si fa per la violenza sulla donna, le cui denunce, troppo spesso, non sono del tutto reali, ma solo funzionali, soprattutto nelle separazioni e negli affidi dei figli, a trarne benefici di vario tipo, non solo economico.

Nel convegno che abbiamo tenuto il 12 c.m., si è parlato della “violenza di genere quando le vittime sono i minori e i padri separati”, ed il sig. Marzi ha fatto comunicare, con la rituale frase, che era impossibilitato a presenziare per precedenti impegni istituzionali, ma si è guardato bene dal mandarci qualche responsabile del suo assessorato che gestisce tanti soldi e tantissimi disservizi nel mondo delle politiche sociali, della sanità e della salute.
Per fare chiarezza insistiamo nel lanciare la proposta di un pubblico confronto, tra noi e gli amministratori regionali, compreso l’intero consiglio regionale se vorrà parteciparvi, sulle problematiche sociali dei figli dei separati e dei separati.

A Carlo Marzi vorremmo ricordare che, per parlare di emergenza del fenomeno della violenza sugli uomini, non serve un elevato numero di vittime della violenza, ma è sufficiente anche un solo caso, denunciato dalla stampa locale e impossibilitato ad essere accertato ed attestato in modo oggettivo per la netta chiusura del Centro antiviolenza aostano agli uomini. C’è da chiedersi, inoltre, i numeri dei casi delle donne vittime della violenza endofamiliare sono veritieri o meno? Vada a vedere, signore assessore, e potrebbe scoprire spiacevoli verità, che coinvolgono anche la sua gestione del sociale, che i padri separati valdostani, ma anche molte madri, fin da ora dichiarano di non dimenticarsene nel 2025.

A noi non interessa il futuro di un assessore, ma il rispetto dei diritti inalienabili dei minori negli affidi (bigenitorialità) e del padre separato (cogenitorialità) e la Regione, dinnanzi alle segnalazioni e contestazioni dei diretti interessati, non può girarsi dall’altra parte e tantomeno può offendere e accusare, proprio loro, di partigianeria.

Il mondo della “grassa” politica valdostana certamente non è il mondo dei minori coinvolti nei procedimenti di affido e dei padri separati e nulla fa per combattere la giustizia ingiusta al tribunale di Aosta, causa, nel 1996, della protesta estrema del genitore Antonio Sonatore, ricordata il 7 aprile in tutto il mondo, eccetto che ad Aosta, forse, per strane accondiscendenze a possibili ed assurde pretese di divieto.

 

Ubaldo Valentini, pres. Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)
www.genitoriseparati. it - contatti: tl. 347.650 4095 o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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