Nello stabile del quartiere Cogne ci sono abitazioni di privati e alloggi locati da Arer. L'ascensore è fermo da dieci anni. «Mio padre, invalido, non può uscire nemmeno per le visite»
Via Vuillerminaz, case "Fresia alte" del quartiere Cogne di Aosta. Al civico n. 7 lo stabile conta cinque piani, dieci appartamenti e un ascensore esterno che, alla vista, è identico agli altri due in funzione nella stessa via. A differenza degli altri impianti, però, questo ascensore è fermo tempo, molto tempo. Circa dieci anni.
L'ascensore doveva servire alloggi che hanno diversi proprietari: sei sono del Comune di Aosta e locati dall'Arer e quattro sono di privati. In uno di questi, al terzo piano, da più di un quarto di secolo vivono Maria e Carmelo Metastofole, 78 anni lei e 91 lui. Carmelo fino ad un anno fa riusciva, faticosamente, a scendere e salire quei tre piani di scale per trascorrere del tempo all'aria aperta, magari andare al bar o fare due passi, anche per mantenere la mente stimolata. Ora però le sue condizioni di salute sono peggiorate e ha difficoltà a spostarsi anche tra le mura domestiche. Invalido al 100%, senza ascensore è costretto a vivere da recluso in casa propria. La moglie Maria, pur con tanta difficoltà, è ancora in grado di andare a fare la spesa al mercato, prendere le raccomandate e fare delle commissioni. L'età però avanza anche per lei.
Nella stessa scala uno degli alloggi è rimasto vuoto dopo che l'anziana persona che lo abitava è mancata. «Il personale dell'Arer viene a fare i sopralluoghi per ristrutturare l'appartamento e poterlo riassegnare: sono le uniche volte in cui li vediamo». Parole pronunciate con tanta amarezza dai figli Olivia e Carlo Metastofole, che da anni provano invano a farsi sentire al Comune di Aosta e all'Arer per risolvere il problema. Scontrandosi costantemente contro un muro di gomma.
Perché l'impianto è fermo? «L'ascensore ha funzionato solo un giorno - ci spiegano -, fino a quando un signore invalido che abitava sotto di noi è rimasto bloccato dentro. Quando sono intervenuti i vigili del fuoco per liberarlo è arrivata la comunicazione che l'ascensore non aveva passato il collaudo. Da allora è rimasto lì, abbandonato». Quanto tempo fa? «Circa dieci anni».
Da allora la famiglia Metastofole e altri vicini di casa hanno provato a richiamare l'attenzione delle istituzioni per trovare una soluzione a quell'ascensore inutilizzabile. Con gli anni solo una cosa è cambiata: alcuni di quei vicini, anche persone con disabilità, sono deceduti. Altre cose, invece, non sono mai mutate: «quando contatto il Comune mi rispondono che se ne deve occupare l'Arer e l'Arer mi dice che se ne deve occupare il Comune. Ogni volta si passano la palla», racconta Olivia.
La vicenda non ha solo un forte odore di indifferenza, ma è anche intricata, per non dire torbida. Olivia e Carlo spiegano di essersi rivolti alla procura di Aosta: «abbiamo sporto querela nei confronti del costruttore dell'ascensore per l'assenza di manutenzione. Inoltre ci aveva detto che il Comune avrebbe partecipato alla spesa, che quindi sarebbe stata divisa in dieci, invece è emerso che il costo sarebbe stato accollato solo a noi quattro privati. La situazione non era chiara sin dall'inizio».
Carlo chiosa: «Noi l'ascensore eravamo intenzionati a farlo, ma volevamo procedere in maniera limpida, confrontandoci con Comune e Arer e consultando anche altri costruttori. Tutto doveva passare dall'amministratrice che però non si riusciva a contattare. Quando abbiamo scoperto che il Comune non avrebbe partecipato abbiamo detto: fermate tutto. La spesa sarebbe stata troppo alta per noi. Volevamo provare a dialogare con l'amministrazione comunale per convincerla a coprire una parte del costo». I lavori invece sono andati avanti: la somma necessaria, ci spiega la famiglia Metastofole, sarebbe arrivata da uno dei condomini ormai deceduto. «E per realizzare l'ascensore, essendoci persone invalide nello stabile, la ditta ha preso un contributo di 25.000 euro dalla Regione». Anche questo è riportato nella querela.
Ad oggi non ci sono sviluppi riguardo alla querela e nemmeno ci sono stati interventi da parte dall'amministrazione dello stabile con cui, ci spiega la famiglia, si sono verificate molte difficoltà negli anni. «La precedente amministratrice all'inizio prendeva tempo e una volta, pensi un po', ci ha risposto che l'ascensore, essendo un corpo esterno allo stabile, non era di sua competenza. In seguito per lungo tempo non siamo più riusciti a metterci in contatto con lei. Solo ad agosto siamo venuti a sapere che si era dimessa».
In una occasione l'amministratrice aveva interpellato un avvocato: «in un'assemblea ci hanno spiegato che qualora la persona che ha costruito l'ascensore fosse venuta a mancare, cosa che è successa, tutto sarebbe andato a cadere sulle spalle della famiglia e questo avrebbe facilitato le cose. Senza un intervento della famiglia, l'ascensore poteva essere smontato e i pezzi rivenduti, oppure poteva essere ricostruito o messo a norma. Invece non è successo niente. Dicono che c'è una causa in corso».
E il nuovo amministratore? «Lo abbiamo visto una volta, privatamente. Doveva convocare un'assemblea a settembre ma non ciò non è avvenuto. Forse ci vedremo a dicembre».
L'ascensore intanto è lì, fermo al livello strada, al contrario degli altri due costruiti nella stessa via da altre imprese. Le porte di ingresso sono ormai sbilenche e ai piani superiori le aperture non sono sigillate: in inverno entra aria fredda, si creano correnti d'aria gelide per tutte le scale e quando piove entra l'acqua che va a depositarsi sulla struttura in metallo facendola arrugginire. Un danno anche economico: senza ascensore, e ancor peggio con una struttura ormai abbandonata, gli alloggi perdono di valore, anche quelli di proprietà pubblica da assegnare a famiglie o persone a basso reddito. Magari con difficoltà motorie o invalidità.
«Questa estate - riprende Olivia - una barra di metallo si è staccata ed è caduta a terra. Poteva colpire i bambini che vanno ai giardinetti». Episodio segnalato: zero azioni. «Non sono nemmeno state messe delle transenne».
Si potrebbe dire che gli unici cenni di vita in questa vicenda provengano dalla struttura dell'ascensore: «Di notte si sentono dei rumori, dei colpi, forse è il metallo che si assesta. Temiamo che non sia stabile». Avete provato a sentire i vigili del fuoco a tal proposito? «Tutto deve passare attraverso l'amministratore».
Malgrado e-mail, incontri e contatti con vari uffici, il rimpallo di responsabilità continua e nulla si muove.
Se poteste parlare direttamente con il sindaco di Aosta, cosa gli chiedereste? «Il sindaco sta puntando alla riqualificazione del quartiere Cogne con telecamere, piste ciclabili, sistemazione dei parcheggi. Si stanno spendendo un po' di soldini per cose non necessarie, come rifare la pavimentazione del parcheggio che già andava bene. Questo è un quartiere popolato da molti anziani. Al sindaco direi di vivere un po' di più il quartiere per capire di cosa hanno realmente bisogno le persone che ci vivono».
«Forse la cosa più brutta è il silenzio - aggiunge Carlo -, il non ricevere una risposta alle nostre domande se non indicazioni vaghe e continui rimpalli Comune-Arer-amministratore-avvocato. Ormai è così da anni».
Intanto Carmelo, che soffre di patologia neurodegenerativa, è sempre bloccato in casa. «Non può più uscire anche solo per fare delle visite mediche - sottolinea la figlia-. Per il vaccino sono venuti a domicilio, anche il medico viene a visitarlo a casa facendosi tre piani di scale. Avrebbe anche bisogno di sistemare l'apparecchio acustico, ma per tararlo nel modo giusto mio padre dovrebbe andare in sede». Ma lui, senza quell'ascensore, può solo restare chiuso in casa.
Ospitereste il sindaco per un caffè? «Volentieri, così può vedere di persona la situazione in cui ci troviamo», dicono Olivia, Carlo e mamma Maria.
Marco Camilli