Gramiccioli e il teatro d'inchiesta ad Aosta. Intervista a David Gramiccioli

Il 5 maggio ad Aymavilles il giornalista presenta la sua inchiesta teatrale su vaccini e pandemia

 

Davide Gramiccioli

Chi è David Gramiccioli?
«È uno dei tanti ragazzi romani figli degli anni Sessanta che crescendo coltiva alcuni sogni. I due più importanti riguardano il teatro e il giornalismo. Negli anni, maturando le esperienze nell'uno e nell'altro mondo, queste due esperienze si sono intrecciate e hanno prodotto l'effetto del teatro d'inchiesta. Già inviato di guerra nell'ex Jugoslavia per quasi venti anni, una delle voci sicuramente più riconosciute della radiofonia romana».

Come è nato il teatro d'inchiesta?
«Il grande Luigi Squarzina, l'uomo del Quirino e del teatro Argentina e delle grandi polemiche sociali al teatro, una volta disse: il cinema è fantasia d'evasione, la televisione serve per lobotomizzare i cervelli mentre il teatro è il luogo rimasto incontaminato in cui si racconta verità. Nel teatro si può ancora raccontare un'inchiesta senza dover togliere una sola interpunzione. Poi nel mio caso ho combinato due esperienze che hanno segnato la mia vita, il teatro con Giorgio Albertazzi e il giornalismo sognando i grandi di questi mestieri da Gianni Bisiach a Enzo Biagi. Poi i miti si sono un po' infranti con il passare degli anni, crescendo e acquisendo consapevolezza sul ruolo di certi personaggi. Quanto al teatro, credo non ci sia posto più ideale perché il teatro azzera tutte le distante tra il pubblico e il capocomico: è un luogo all'interno del quale si vivono le emozioni, si percepisce la partecipazione o magari il disinteresse del pubblico. È un luogo assoluto nel bene o nel profondissimo male, che sa esaltarti quanto distruggerti. Parlando d'inchieste però, ripeto, è il luogo sacro e ideale».

Quando si apre il sipario difficilmente può scendere la censura.
«È vero, ma dall'altra parte quando si apre il sipario chi racconta è senza reti di protezione e va incontro al pubblico con un triplo salto mortale».

Il 5 maggio sarai in Valle d'Aosta. Cosa porterai all'evento?
«Porterò "Il Decreto", l'inchiesta teatrale più vista della storia teatrale di questa secolo con oltre centomila visitatori tra settembre 2017 e maggio 2019. L'inchiesta svelò, raccontandola, tutta la verità che si nascondeva dietro il decreto Lorenzin, poi convertito in legge, che introdusse obbligatoriamente nel nostro paese dieci vaccini per soggetti da zero a sedici anni. Quell'inchiesta rivelò anche una serie importante di combinazioni e responsabilità e coinvolgimenti planetarie, non a caso l'Italia arrivò a promulgare quella legge dopo che, tre anni prima, si era investita a Washington nel ruolo di Paese capofila per promuovere le campagne e le politiche vaccinali a livello planetario. Il sequel conferma ciò che andavamo dicendo dal 2017 e ciò che il successivo passaggio rispetto a quella legge sarebbe stato quello di consolidare il ruolo dell'Italia all'interno di una grande pandemia globale. L'inchiesta del 2017 partiva da un'altra inchiesta, quella sull'influenza suina del 2009-2010. Noi raccontiamo ciò che è accaduto dal dicembre 1999 ai nostri giorni, gli anni fondamentali attraverso i quale si snoda e consolida l'inchiesta, una serie sconvolgente di rivelazioni accompagnate anche dalla presentazione di documenti inoppugnabili. Quindi il 5 maggio all'auditorium di Aymavilles racconteremo che quella del Covid-19 era una tragedia largamente annunciata».

Quali sono le tue idee sul futuro?
«Siamo all'inizio di un progetto e tra le tante voci che si sono sentite, il 99% delle quali inutili, c'era un 1% di voci e parole come quelle di Henry Kissinger, forse l'ultimo grande detentore dei segreti globali, il quale nel marzo 2020 - quindi nemmeno due settimane dopo che l'Oms aveva dichiarato l'emergenza Covid come pandemia globale - disse che quell'emergenza sarebbe servita a instaurare un nuovo ordine mondiale. Da quelle parole ci fu la sconfitta di Donald Trump, con la conseguenza che il ruolo dell'America a livello di politiche internazionali non sarebbe stato quello di Joe Biden alla Casa Bianca, e poi ovviamente la questione Ucraina. Ma ripeto sono tutte questioni che confermano l'esistenza di una attenta pianificazione. È solo l'inizio, il futuro è incerto, l'opinione pubblica è incapace di comprendere cosa sta accadendo. Speriamo con questa inchiesta possa davvero far breccia nei cuori delle persone, nella sensibilità, nell'interesse di coloro che la vedranno. Essendo a metà del progetto, potremmo evitarne le conseguenze ancora più disastrose».

Cosa farà David Gramiccioli da grande?
«Continuerà quello che ha sempre fatto. In questo progetto ci sono trent'anni del mio essere David e vorrei continuare a fare tutto questo seguendo gli insegnamenti dei maestri del maestro di Francesco Pambieri, storico capo redattore de Il Resto del Carlino, che ci insegnò la giusta distanza, la sensibilità professionale che si vive quando si fanno inchieste, ma anche la determinazione che richiede questa scelta, come insegnato dal maestro e giudice Ferdinando Imposimato. E poi anche celebrare le tante persone incontrate in questi 30 anni che mi hanno fatto maturare, non solo dal punto divista professionale. Voglio continuare a fare questo e sognare che questo mondo possa cambiare in meglio».

 

Marco Camilli

 

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