Malgrado il dato più alto rispetto alla media nazionale, per il sindacato dei pensionati Cgil la sanità valdostana soffre molte criticità
La Valle d'Aosta è tra le regioni italiane con la più alta spesa pro capite per i servizi sanitari, «ma il sistema sanitario pubblico non è in grado di offrire risposte immediate ai suoi cittadini». Così Domenico Falcomatà dello Spi Gcil Valle d'Aosta a proposito di uno studio presentato in conferenza stampa sul sistema socio-sanitario della Valle d'Aosta.
Secondo l'indagine Ires la Valle d'Aosta sostiene una spesa procapite di circa 2.000 euro rispetto ad una media nazionale di 1.875 euro. Alla nostra regione appartiene inoltre il primato della spesa di compartecipazione diretta dei cittadini ai costi di farmaci e servizi, pari a 90 euro. Per contro il sistema sanitario valdostano, evidenzia il rapporto, patisce diverse criticità che l'emergenza sanitaria ha accentuato a cominciare dall'alto tasso di ospedalizzazione dovuto alla scarsità di servizi diffusi sul territorio.
Le soluzioni a queste difficoltà dovrebbero essere individuate dalla politica, tuttavia il sindacato dei pensionati di Cgil VdA lamenta l'assenza di risposte concrete. Il dito è puntato contro il Defr triennale, che sarà probabilmente prolungato fino al 2024, «pieno di buoni propositi, ma non di azioni concrete nel breve e nel lungo periodo in termini di obiettivi, risorse da assegnare e tempi di realizzazione».
Lo Spi Cgil ha messo in evidenza diverse carenze: la Valle d'Aosta è tra le ultime regioni italiane per capacità di presa in carico di disabili e anziani non autosufficienti, subisce la mancanza di personale medico adeguato ed è poco attenta alla tutela della salute mentale e al contrasto delle dipendenze, prima tra tutte quelle da alcolici.
L'indagine Ires si è concentrata poi sulla questione ospedale. «La costruzione di un nuovo ospedale è stata indicata come preferibile dalla maggior parte dei testimoni privilegiati che abbiamo intervistato», ha spiegato il direttore Ires Cgil del Piemonte, Francesco Montemurro. «Collocarlo fuori città migliorerebbe la qualità della presa in carico delle lungodegenze, grazie alla possibilità di accogliere i pazienti in spazi più ampi e immersi nel verde».
C.R.