Piante al posto dei ghiacciai: la colonizzazione vegetale cresce a ritmi «impressionanti»

Pubblicato uno studio condotto nel Parco Nazionale Gran Paradiso e che proseguirà anche nei prossimi anni

Foto PNGPCon il progressivo ritiro dei ghiacciai, le terre "liberate" diventano terreno di conquista per le piante. Un vero e proprio processo di colonizzazione che nel recente passato sta progredendo a ritmi «impressionanti» e che il Parco Nazionale Gran Paradiso ha deciso di analizzare coinvolgendo il Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell'Università di Torino. Il risultato è uno studio che è stato recentemente pubblicato sul Botanical Journal of the Linnean Society, rivista scientifica della Oxford University Press.

Lo studio si è concentrato nella valle di Cogne e nella valle di Rhêmes su aree lasciate libere dai ghiacciai in un periodo compreso tra i 5 e i 165 anni anni fa. «I ricercatori - spiega l'Ente Parco - hanno riesaminato le aree permanenti di studio della vegetazione lungo queste cronosequenze a distanza di 5 anni dai primi rilievi allo scopo di valutare i cambiamenti a breve termine della vegetazione e confrontare le traiettorie attuali con quelle previste dal modello della cronosequenza. I risultati mostrano un incremento notevole sia nel numero di nuove specie vegetali presenti che nella loro copertura, con un’accelerazione della colonizzazione che ha superato di gran lunga le aspettative. In particolare, la ricchezza di specie e la copertura vegetale sono aumentate rispettivamente fino a 21 e 45 volte più velocemente rispetto ai modelli previsionali».

«Le implicazioni di questi risultati sono di vasta portata», evidenzia ancora l'Ente Parco. Conquistando progressivamente quote sempre più alte, le "nuove" piante finiscono per minacciare le specie e gli ecosistemi alpini, già messi in difficoltà dal cambiamento delle condizioni climatiche. D'altro canto la colonizzazione vegetale delle aree liberate dai ghiacciai aiuta a stabilizzare il terreno e prevenire erosioni. «Se le piante si insediano velocemente, possono aiutare a ridurre i rischi di colate detritiche e alluvioni, come quella recentemente accaduta in valle di Cogne. Al contrario, se il processo di colonizzazione è lento o non avviene, il detrito rimane vulnerabile e questi rischi aumentano».

Andrea Mainetti e Michele Lonati, rispettivamente botanico del Parco e professore dell’Università di Torino, sottolineano come lo studio metta in evidenza «quanto sia urgente affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, soprattutto in aree sensibili come il Parco Nazionale Gran Paradiso. I risultati ottenuti non solo migliorano la nostra comprensione delle dinamiche ecologiche in risposta al riscaldamento globale, ma sottolineano anche l'importanza di un monitoraggio continuo e di lungo termine per guidare le strategie di conservazione in un’area così rilevante come il Parco».

Il monitoraggio proseguirà nei prossimi anni nelle stesse aree permanenti per comprendere meglio le conseguenze a lungo termine di questi rapidi cambiamenti e per fornire al territorio evidenze scientifiche solide sulle trasformazioni di questa porzione di territorio alpino.

 

 

Elena Giovinazzo

 

 

Pin It

Articoli più letti su Aostaoggi.it

 

-  STRUMENTI
app mobile

 

Società editrice: Italiashop.net di Camilli Marco
registrata al Tribunale di Aosta N° 01/05 del 21 Gennaio 2005
P.IVA 01000080075