La Salute su Aostaoggi.it - a cura del dott. Franco Brinato
Negli ultimi mesi si è tornato a parlare di Tubercolosi in Italia dopo l'allarme lanciato dal governatore del Veneto sulla possibile diffusione della malattia in merito alla fuga di un immigrato malato da una struttura di accoglienza e i diversi casi segnalati nella regione. La notizia ha avuto ripercussioni sugli organi stampa costringendo il ministro della salute e alcuni esperti scientifici a intervenire sull'argomento. Le conclusioni degli esperti sono che non esiste in Italia alcun allarme tubercolosi legato agli immigrati e che i casi di malattia sono in netto calo rispetto agli anni passati grazie a strumenti e protocolli messi in atto dall’Istituto Superiore di Sanità e dal ministero della Salute in concerto con le regioni. Questi garantiscono un attento monitoraggio della malattia.
L'argomento è affrontato in quest’articolo per informare in maniera chiara e corretta la popolazione. Il tema deve essere affrontato con senso di responsabilità e in maniera scientifica in modo da non creare panico e allarmismo inutile nella comunità. La tubercolosi è una malattia in Italia rara e in riduzione rispetto agli anni passati. Tuttavia rimane una malattia non facile da diagnosticare, difficile da curare e
gravata ancora da numerose complicanze spesso mortali.
Qual è la reale situazione tubercolosi in Italia?
In Italia, come in molti altri Paesi industrializzati, la tubercolosi (TBC) è una patologia relativamente rara. Il numero dei casi segnalati nel 2017: sono di 3.944 con 300 casi circa di morti l’anno e molte forme di resistenza ai farmaci disponibili. Numeri non preoccupanti per l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) tanto da definire l'Italia “a bassa endemia”. Proprio per questo, la vaccinazione contro la tubercolosi nel nostro Paese non è obbligatoria, se non per i soggetti considerati a rischio, cioè per neonati e bambini di età inferiore a cinque anni, che vivono a stretto contatto con persone affette da tubercolosi, e per chi opera in ambito sanitario o in ambienti ad alto rischio di esposizione a ceppi multifarmacoresistenti. Infine, va posto l’accento che, al di là dagli allarmismi dei media, non vi è alcuna relazione tra i casi di tubercolosi in Italia e gli sbarchi dei migranti sulle coste del nostro Paese. Nel 2011, infatti, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con le Regioni, hanno attivato presso tutti i centri di accoglienza distribuiti nel nostro Paese un’attività sorveglianza efficace. I dati sullo stato di salute dei migranti accolti rivelano che i casi di sospetta tubercolosi riscontrati nei centri per immigrati sono numericamente irrilevanti: tra marzo e settembre 2015 sono stati riscontrati solo 3 casi di sospetta tubercolosi polmonare.
Che cosa è la tubercolosi?
La tubercolosi (TBC) è una malattia infettiva ad alto grado di contagiosità causata dal Mycobacterium tubercoloso, un batterio, detto anche Bacillo di Koch, dal nome dello scienziato che lo scoprì nel 1882. Ne esistono in natura diversi ceppi, ma solo due sono responsabili della malattia nel genere umano: la varietà bovina e aviaria. La malattia attacca solitamente i polmoni ma può colpire anche altre parti del corpo.
Come si trasmette?
La tubercolosi si trasmette per via aerea, a causa dell'esposizione al bacillo presente nelle goccioline di saliva o di secrezioni bronchiali, prodotti da persone con tubercolosi polmonare, attraverso colpi di tosse o starnuti. Dopo che i batteri sono stati inalati, essi raggiungono i polmoni e successivamente il sangue. Alla presenza di un sistema immunitario sano, l'infezione può rimanere dormiente senza dare alcun disturbo evidente (infezione primaria). In una minima proporzione di casi, spesso in individui immunodepressi, a prevalere è il micobatterio e l’infezione diventa malattia tubercolare vera e propria, caratterizzata dalla localizzazione del bacillo in un organo, in genere il polmone. Questo può avvenire in un lasso di tempo compreso tra poche settimane e numerosi decenni dopo l’infezione. Mesi o anni più tardi però, la malattia può riattivarsi, se il sistema immunitario è particolarmente debole.
La trasmissione può avvenire solamente da persone con TB attiva. Le persone con infezione da TBC latente non sono mai contagiose. I contatti stretti e in luoghi chiusi, poco ventilati, le condizioni di salute fragili, la mancanza di anticorpi in soggetti che non sono mai venuti a contatto con il bacillo, aumentano il rischio di contagio.
Quali sono i segni e i sintomi ?
La tubercolosi può infettare qualsiasi parte del corpo, ma più comunemente colpisce i polmoni, prendendo il nome di tubercolosi polmonare. Quando l'infezione avviene all'esterno dei polmoni, parliamo di tubercolosi extrapolmonare La TBC extrapolmonare avviene più comunemente nei soggetti immunocompromessi e nei bambini piccoli. La forma polmonare nella fase iniziale si manifesta con tosse persistente per diverse settimane, perdita di peso, debolezza, dolore al torace, febbre e sudorazioni spesso notturne; a volte emoftoe (sanguinamento dalla bocca). Le infezioni extrapolmonari possono interessare tutto l'organismo. Organi più frequenti sedi d’infezione extrapolmonare sono:
- La pleura (pleurite tubercolare), struttura che avvolge i polmoni;
- Il sistema nervoso centrale (meningite tubercolare);
- Il sistema linfatico (linfadenite tubercolare) che di solito si presenta con un ingrossamento indolore dei linfonodi nel collo;
- L'apparato genito-urinario (tubercolosi urogenitale); a volte l'unico sintomo è la presenza di sangue nell’urina (ematuria.);
- La pelle (ascesso e ulcera tubercolare);
- La colonna vertebrale (spondilite tubercolare), che può esitare in ascesso con crollo vertebrale.
Quando rivolgersi al medico?
L’avvenuto contatto con un soggetto affetto da tubercolosi, la presenza di sintomi prima menzionati, viaggi in zone dove la malattia è endemica sono elementi che impongono un controllo medico. La TBC è una malattia infettiva curabile e può essere sconfitta con le cure appropriate, ma soprattutto con la diagnosi precoce che consente di adottare gli opportuni interventi terapeutici e di ottenere la guarigione.
L'esame preliminare più diffuso e più semplice per diagnosticare una forma tubercolare è il test cutaneo della tubercolina (Mantoux), che consiste nell’inoculare sotto la pelle estratta del bacillo responsabile della tubercolosi. La reazione positiva a questo test (gonfiore dopo quarantotto ore) indica che il sistema immunitario è già venuto a contatto con il batterio. Se la tubercolina è positiva, bisogna accertare o escludere una malattia attiva soprattutto nei polmoni e si esegue quindi una radiografia del torace. Una radiografia positiva di regola svela la presenza della malattia, una radiografia negativa di regola la esclude. Un altro importante metodo diagnostico, più approfondito, è ricerca del bacillo di Koch sui campioni biologici del distretto interessato (escreato nel caso del polmone.)
Come si previene la tubercolosi?
L’arma migliore per la prevenzione è rappresentata dalla diagnosi e dal trattamento precoce delle persone malate e contagiose. Un ruolo importante è occupato da un’efficace educazione sanitaria (non tossire in faccia, lavarsi le mani, evitare di rimanere in luoghi confinati con persone malate, ecc) e dalla rimozione delle condizioni che rendono più suscettibili allo sviluppo della malattia (situazioni di emarginazione sociale, scarse condizioni igieniche). La vaccinazione è efficace solo nei bambini di sotto i cinque anni di età e protegge contro le forme gravi di malattia ma non ha alcuna capacità protettiva negli adulti. Questa vaccinazione in Italia è limitata ai soli operatori sanitari ad alto rischio di esposizione a ceppi di bacilli tubercolari multi-farmaco-resistenti, oppure a soggetti che operano in ambienti ad alto rischio e non possono essere sottoposti a terapia preventiva, perché presentano controindicazioni cliniche all’uso di farmaci specifici. La vaccinazione non va effettuata invece nelle persone immunodepresse (ad esempio, persone affette da infezione da HIV, leucemia, e sotto chemioterapia) a causa del maggior rischio di complicanze. Inoltre dovrebbe essere evitata la vaccinazione durante la gravidanza, anche se non sono stati osservati effetti dannosi
sul feto.
Come si cura la tubercolosi?
In caso d’infezione tubercolare, per prevenire la malattia è raccomandata la somministrazione di un chemioterapico (isoniazide) per sei mesi. Questa terapia preventiva è utile in tutte le persone che si siano infettate di recente o siano immunodepresse. In caso di malattia conclamata, è necessario l’uso combinato di più farmaci. L’uso non corretto degli antibiotici (rispetto alle dosi, al numero di somministrazioni, ai tempi necessari per la guarigione), può causare l’adattamento dei batteri ai farmaci e lo sviluppo di una vera e propria “resistenza” agli stessi.
Conclusioni
La TBC è una malattia molto contagiosa. Un soggetto con malattia conclamata può contagiare più di venti persone. Le armi più efficaci per limitarne la diffusione sono gli interventi di sanità pubblica mirati a: potenziare il sistema di segnalazione dei casi di tubercolosi presenti sul territorio, migliorare l’accesso dei pazienti ai servizi sanitari, rafforzare la diagnosi rapida per iniziare rapidamente la terapia e attuare le misure di controllo sui possibili contatti, un corretto utilizzo dei farmaci.
dott. Franco Brinato
specialista in Medicina d'Emergenza Urgenza e Medicina Termale e dirigente medico di Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso