Migliorano la qualità dell'acqua o sono nocive? A Torino il processo
AOSTA. Fanno risparmiare, generano meno rifiuti e rendono l'acqua "pulita": con queste promesse le caraffe filtranti sono approdate sul mercato come un'innovazione che avrebbe cambiato le abitudini quotidiane di tante famiglie italiane, specialmente tra coloro che acquistavano l'acqua in bottiglia preferendola a quella del rubinetto. Nel 2011 però uno studio dell'associazione dei produttori di acque minerali, basato su analisi dell'Università La Sapienza, ha fatto emergere che l'acqua filtrata sarebbe "peggiore" di quella pre-filtraggio, addirittura nociva per la salute. Chi ha ragione?
Una prima risposta alla domanda arriverà da Torino. Il 9 giugno è fissato l'inizio del processo contro una delle aziende leader del settore, la Brita, per violazione del Codice del consumo. Per le caraffe filtranti sarà "il giorno del giudizio" afferma la Federconsumatori.
Le analisi effettuate dalla Procura di Torino e dai Nas dei Carabinieri sembrano dare ragione allo studio dell'ateneo romano: Procura e Nas, spiega Federconsumatori, "avevano rilevato, dopo il passaggio nei filtri a carbone attivi delle caraffe, un'acqua troppo povera di calcio e magnesio e con valori superiori ai limiti consentiti di sodio e potassio, con il rischio di causare problemi renali a quei soggetti che hanno bisogno di diete povere di sodio". Non solo: un modello in particolare della Brita "secondo le perizie avrebbe rilasciato nell'acqua filtrata ioni di ammonio in quantità superiore ai parametri fissati dall'Efsa (5 milligrammi per litro), con potenziali rischi per la salute, specialmente per i consumatori affetti da disfunzioni renali".
Al di là dell'esito, secondo Federconsumatori il processo ha già avuto delle conseguenze: "Dall'inizio dell'inchiesta, le cose nel mondo dei sistemi di filtraggio dell'acqua sono decisamente migliorate. A mettere un po' d'ordine e a dettare le regole di riferimento per le aziende che operano nel settore del trattamento delle acque domestiche, è stato, nel marzo del 2012, l'allora ministro della Salute, Renato Balduzzi con un decreto di cui si attendono a breve le linee guida. Nel documento ministeriale si fissano, in pratica, obblighi più stringenti (cui tutte le aziende, anche la Brita, si sono via via adeguate) circa le informazioni da dare ai consumatori: spiegare chiaramente nella confezione la funzione e l'effetto che si produce nell'acqua trattata e dettare in modo preciso i tempi e i modi di manutenzione".
Clara Rossi